I Santi danno molto fastidio! Eccome se danno fastidio. Sono la testimonianza sorprendente della esistenza di Dio, ed è facile capire – scriveva il teologo carmelitano Aldino Cazzago in un suo interessantissimo saggio – «perché il santo sia fonte di fastidio: egli è colui che ha deciso che non si può “vivere come se Dio non esistesse”. Per il santo Dio non è un’idea ipotetica tra le altre, perché sulla verità di quell’idea egli ha costruito la propria vita».
Il richiamo alla santità negli ultimi anni della storia della Chiesa è divenuto sempre più pressante. Non si tratta di una scontata e semplice esortazione morale, ma – sottolinea Giovanni Paolo II – di un’insopprimibile esigenza del mistero della chiesa. (Cfr. Christifideles Laici, 16). Tutti nella chiesa siamo, infatti, chiamati alla santità, ciascuno nei vari generi di vita e nei vari uffici, con compiti che sono propri secondo la realtà vocazionale abbracciata dal singolo fedele. (Cfr. Lumen Gentium, 39.41). “La santità – rispondeva Madre Teresa di Calcutta a chi le chiedeva di parlare della sua santità – è una necessità della vita e spiega che non si tratta di un lusso per pochi, come quelli che scelgono di condurre una vita religiosa, ma «è un semplice dovere di tutti. La santità è per tutti»”.
Questo il giudizio di Pier Paolo Pasolini quando incontrò la prima volta Madre Teresa di Calcutta (negli anni in cui la Madre non era ancora pubblicamente conosciuta): «Ho conosciuto dei religiosi cattolici. E devo dire che mai lo spirito di Cristo mi è parso così vivido e dolce; un trapianto splendidamente riuscito. A Calcutta, Moravia, la Morante e io siamo andati a conoscere Suor Teresa, una suora che si dedica ai lebbrosi. […] Suor Teresa è una donna anziana, bruna di pelle, perché è albanese, alta [sic!], asciutta, con due mascelle quasi virili, e l’occhio dolce, che, dove guarda, ‘vede’»; poi concludeva: «ha la bontà senza aloni sentimentali, senza attese, tranquilla e tranquillizzante, potentemente pratica».