La partecipazione di Papa Francesco alla trasmissione “Che tempo che fa” ha suscitato, come era prevedibile, grande interesse e destato reazioni controverse. Non era mai accaduto, infatti, che un pontefice partecipasse in diretta a una trasmissione televisiva, sottoponendosi alle domande di un intervistatore. Di fronte all’evento televisivo sono emerse tre posizioni:
“La partecipazione di Papa Francesco segna definitivamente la sconsacrazione del papato. Non è possibile che il Papa vada ospite da Fazio come qualsiasi altro personaggio pubblico”.
È la posizione di chi vorrebbe il Pontefice chiuso nelle sue stanze, ancorato alla tradizione, di chi tra presbiterio e assemblea vorrebbe erigere non balaustre, ma muri. La Chiesa, per chi sostiene questa tesi, deve rivendicare il proprio posto nella società e nei confronti delle istituzioni, mostrando i muscoli del proprio potere temporale. E poi non è vero che siamo tutti sulla stessa barca. Il Papa e il Popolo devono procedere su barche distinte e separate. E pazienza se il mare della vita e della storia è lo stesso.
“La Chiesa è in crisi e questa mossa rappresenta un’operazione di marketing per fare nuovi adepti”.
Questa posizione è generalmente quella di chi continua a vedere nella religione l’oppio dei popoli. La Chiesa, per chi la pensa in questo modo, è un’istituzione meramente umana e, in quanto tale, si arrabatta con gli stratagemmi del mondo per continuare a sopravvivere. Tale visione ignora, ovviamente che la Chiesa non potrà morire perché il suo capo è Cristo, l’Alfa e l’Omega, il Principio e la Fine. Il cielo e la terra passeranno, ma le Sue parole non passeranno. Mai.
“Il Papa ha detto delle cose meravigliose. Non avevo mai sentito parlare un pontefice in questo modo”.
Questa è la posizione dei cattolici che si sono stupiti per le parole del Pontefice, avvertendole come nuove. In realtà, nelle risposte del Papa non c’è di nuovo rispetto a quanto ha detto e scritto dall’inizio del suo pontificato. Se avessimo letto i documenti che compongono il suo magistero, vi avremmo trovato quanto accennato nel corso dell’intervista televisiva. La stessa “preghiera del buonumore”, di San Tommaso Moro, che tanto interesse sta suscitando, era stata inserita nell’esortazione apostolica “Gaudete et exsultate”.
Ben venga allora, per noi cattolici distratti, la partecipazione televisiva del Papa, se è servita ad arrivare a una platea di credenti e non, che altrimenti non avrebbe avuto modo di ascoltarlo. Ben venga parlare di Dio in un contesto, quello televisivo, immensamente più vasto di quello che possono contenere le nostre chiese e arrivare a chi nelle nostre chiese ormai da tempo non entra più.
Il Papa non si limita a parlare di Chiesa in uscita, ma esce per primo dai recinti della Chiesa e ci chiede di seguirlo. Porta la Sposa di Cristo incontro al Popolo. Ricorda a tutti noi che nessuno strumento è, in sé, malvagio – non lo è la televisione come non lo è la Rete – ma che tutti possono contribuire a dare gloria a Dio, a edificare il Suo Regno.
Gesù, per farsi comprendere, parlava in parabole, sceglieva un linguaggio comprensibile al suo uditorio, cambiandolo in ragione del contesto in cui predicava. Un linguaggio legato alla terra per i contadini, un linguaggio legato alla pesca per i pescatori. Il Papa non ha fatto nulla di diverso rispetto al Maestro.
Ancora una volta Papa Francesco indica alla Chiesa una strada e ci chiede il coraggio di osare, di percorrere le strade dell’uomo contemporaneo, di spezzare i legacci del “si è sempre fatto così”. Un pontefice che scende per strada come un uomo tra gli uomini desta scandalo. Del resto, è successo a Gesù, vero Uomo e vero Dio. Migliore compagnia della Sua non si potrebbe sperare.
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Foto: Giornale di Sicilia