Mezzo milione di persone coinvolte, 50 mila gruppi sinodali in tutte le diocesi italiane, 400 referenti locali, 200 sintesi diocesane e 19 di gruppo per un totale di oltre 1.500 pagine. Sono questi i numeri della prima fase del Sinodo della Chiesa italiana che durerà fino al prossimo Giubileo, nel 2025. Un cammino voluto fortemente da Papa Francesco e che, almeno in un primo momento, si sovrappone alla fase sinodale universale ma che poi si svilupperà in modo autonomo: fino al 2023 la fase narrativa, poi quella sapienzale (2023/2024) e infine quella profetica (2024/2025).
Un modo per rimettersi in ascolto del Popolo di Dio, ma soprattutto una forma sinodale sinora inedita che, partendo dal basso, ha coinvolto semplici fedeli ma anche non credenti e mondi che difficilmente dialogano con la Chiesa. Un percorso non certo semplice sia per la pandemia, sia per “individualismi, scetticismi e steccati”, come si legge nella sintesi finale elaborata dalla Cei. “Il soffio dello Spirito ha rimesso in movimento le comunità, a volte stanche e ripiegate su se stesse – si legge nella sintesi – Ha aperto gli occhi e il cuore consentendo di vedere e riconoscere i “compagni di viaggio” e il debito di ascolto maturato nel tempo. Diverse persone, talvolta confinate nell’invisibilità, sono state raggiunte dall’invito del Sinodo e coinvolte in un percorso di ascolto che le ha viste finalmente protagoniste”.
Ne è venuto fuori un documento di una dozzina di pagine che, analizzando la prima fase di ascolto e rielaborando le sintesi pervenute da tutta Italia, ha delineato i contorni della fase successiva scegliendo dieci nuclei tematici: ascoltare, accogliere, relazioni, celebrare, comunicazione, condividere, dialogo, casa, passaggi di vita e metodo. “Non si tratta di categorie astratte, predeterminate – precisa il documento – ma di modalità per agganciare, raccogliere e presentare l’esperienza vissuta del camminare insieme delle Chiese in Italia, nelle loro articolazioni e specificità”. Non più una struttura per settori d’azione o secondo la classica divisione degli uffici pastorali, ma una visione più ampia che guardi maggiormente alla vita quotidiana e ai suoi problemi. “Ogni nucleo va inteso come una dimensione, una declinazione o un ambito del camminare insieme – spiega la sintesi – In questo senso i dieci nuclei non sono alternativi, ma complementari; alcuni espressi come verbi, altri come sostantivi, proprio per rispettare le risonanze con cui sono stati espressi. La loro pluralità non rappresenta un limite da superare, attraverso un’operazione di omogeneizzazione o di gerarchizzazione, ma contribuisce a custodire il fondamentale pluralismo dell’esperienza delle Chiese in Italia, con tutta la varietà di accenti e sensibilità da cui sono attraversate e di cui sono portatrici”.
E così la Chiesa italiana sarà chiamata, a ogni livello, a riflettere e approfondire per esempio la dimensione dell’ascolto autentico, modo per riconoscere il valore dell’altro e che è un tutt’uno con la missione, la dimensione dell’accoglienza come cammino di conversione per rendere concreta la fraternità e che si rivolge principalmente ai giovani, agli anziani, ai divorziati, ai carcerati, agli omosessuali, ai migranti, ai poveri, ai diversamente abili. E ancora le relazioni che richiedono di superare lacerazioni e conflitti anche all’interno delle comunità cristiane, vivendo l’incontro come il centro dell’azione pastorale; celebrazioni liturgiche realmente vissute e partecipate, una comunicazione rinnovata e che sappia raccontare le tante cose buone che si realizzano a volte in silenzio, un nuovo senso di corresponsabilità dei laici che non possono essere ridotti a “manodopera pastorale”.
Infine il dialogo, la Chiesa come casa accogliente senza steccati o gruppi chiusi, la capacità di accompagnare le donne e gli uomini nel corso della loro vita e nelle situazioni anche peggiori, il metodo dell’ascolto secondo i principi della conversazione spirituale.
Dieci nuclei che consentiranno di proseguire il cammino prestando attenzione ai “mondi” finora meno ascoltati, di riflettere sul decentramento pastorale rilanciando gli organismi di partecipazione (consigli pastorali e degli affari economici su tutti), di concentrarsi su servizi e ministeri ecclesiali e quindi sulla formazione di laici e ministri ordinati. Il tutto raggruppando le priorità in tre assi, definiti “cantieri sinodali”: quello della strada e del villaggio (l’ascolto dei mondi vitali), quello dell’ospitalità e della casa (la qualità delle relazioni e le strutture ecclesiali) e quello delle diaconie e della formazione spirituale. “Questi cantieri – conclude la sintesi Cei – potranno essere adattati liberamente e ogni Chiesa locale potrà aggiungerne un quarto che valorizzi una priorità risultante dal percorso compiuto lungo il primo anno”.
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