Meditando sul Vangelo di questa domenica (Gv 4,5-42), che narra l’incontro di Gesù con la Samaritana al pozzo di Sicar, mi sono soffermato sul fatto che molti samaritani credettero in Gesù per la sola testimonianza della donna. Una donna, tra l’altro, che agli occhi dei suoi concittadini non doveva apparire proprio esemplare, tanto da essere costretta ad andare a raccogliere l’acqua da sola, nelle ore più calde del giorno. Eppure, l’evangelista Giovanni ha cura di dirci che, uditala, “i samaritani giunsero da lui, lo pregavano di rimanere da loro ed egli rimase là due giorni” (Gv 4,40).
Oggi le nostre parole difficilmente riescono a fare breccia nel cuore di chi ci ascolta, a muoverle verso Gesù. Cosa c’è di diverso rispetto ai samaritani? Abbiamo tutti il cuore più indurito rispetto a loro? Oppure le nostre parole non sono credibili? Gesù aveva appena finito di dire alla donna che “Dio è spirito” e che “i veri adoratori adoreranno in spirito e verità”. Allora, probabilmente, sta qui la vera differenza. La Samaritana, donna che viveva nel peccato, ha la grazia di fare un incontro personale con Gesù, che le promette l’acqua viva dello Spirito Santo. Ecco, allora, quello che rende credibile la donna agli occhi degli abitanti di Sicar, ecco ciò che può rendere credibili anche le nostre parole. Solo un incontro con Gesù vivo può darci la pienezza dello Spirito Santo, la fonte della vera gioia, ciò che ci rende testimoni credibili di Cristo. Paolo, del resto, ce lo conferma: “L’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato” (Rm 5,5).
L’episodio evangelico, però, ha richiamato alla mia mente la notizia di qualche giorno fa della scarcerazione di Gaspare Spatuzza, uno dei killer di Padre Pino Puglisi, oltreché autore di una quarantina di altri omicidi. Intervistato, il fratello di Padre Pino, ha dichiarato di avere incontrato qualche tempo fa l’uomo, di averlo visto realmente pentito dei suoi sbagli e di non portare rancore nei suoi confronti. “Quell’incontro mi ha cambiato la vita”, ha detto Franco Puglisi, aggiungendo di augurare all’assassino del fratello di rifarsi una vita. Cosa è successo a Spatuzza? Cosa lo ha portato a operare il passaggio, non scontato, da “collaboratore di giustizia” a “pentito”? L’uomo ha raccontato che in carcere, grazie ai cappellani incontrati, ha intrapreso un cammino di conoscenza della Parola di Dio e che la lettura del Vangelo lo ha trasformato, tanto da portarlo a scegliere la vita anziché la morte.
A guardare bene, qualche samaritano lo possiamo trovare anche oggi. A cercarlo bene, il pozzo di Sicar non è poi così lontano.
Foto: Rapubblica
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