Con un particolare decreto, la famosa icona de “La Trinità”, dipinta dal monaco Andrej Rublëv, viene restituita dal Presidente della Federazione russa, Vladimir Putin, alla Chiesa ortodossa.

La preziosissima icona sarà esposta, per un anno, alla venerazione dei fedeli nella Chiesa Cattedrale di Cristo Salvatore a Mosca, per poi trovare definitiva collocazione nella Cattedrale della “Trinità Lavra di San Sergio”, un noto centro spirituale della Chiesa ortodossa russa e un frequentato luogo di pellegrinaggio.

L’icona della Trinità di Andrej Rublëv (monaco iconografo vissuto nel XIV-XV secolo) è considerata unanimemente la più grande opera d’arte della tradizione russa. In essa viene rappresentato l’episodio biblico narrato in Gen 18,1-15: Abramo – presso il querceto di Mamre – accoglie ospitalmente tre misteriosi viandanti, i quali annunciano al patriarca la nascita di Isacco e quindi la discendenza promessa da Dio.

Al centro del dipinto sono poste le tre figure angeliche, rivolte l’un l’altra in un silenzioso colloquio. Ogni persona della Trinità, seppur legata al criterio della indivisibilità, nella concezione di Rublëv è caratterizzata da una sua natura.

L’angelo di sinistra è l’immagine del Padre. Egli è l’iniziatore del mondo, il creatore di tutto l’universo. La casa dipinta alle sue spalle rappresenta la dimora di Abramo ma nello stesso tempo simboleggia la capacità creatrice di Dio. Il gesto benedicente della mano, leggermente levata, sottolinea il senso di questa iniziativa divina che genera tutto il creato. Il volto, infine, conferisce alla figura angelica una grande fermezza volitiva.

L’angelo posto al centro dell’icona è l’immagine del Figlio. Il suo corpo è rivolto verso quello di destra, il capo invece – leggermente reclinato – si volge verso il Padre. È un gesto che sottolinea la totale obbedienza al Padre, la disponibilità (e non la sottomissione) ad assumere la natura umana, a farsi vittima per la salvezza dell’uomo e colmare così la separazione fra divinità e umanità. Pensosità (per la futura passione) e risolutezza (a sacrificarsi per amore) sono i tratti caratteristici che delineano il volto. La tunica rosso-bruno scuro, la stola dorata posata sulla spalla destra e il manto azzurro non lasciano dubbi sulla identità di questo personaggio. Egli indossa, infatti, le vesti con le quali, in passato, era stato rappresentato Gesù.

L’albero posto alle sue spalle (particolare che richiama il querceto di Mamre) è il simbolo della Croce, e la mano benedicente sulla mensa evoca il mistero eucaristico. La figura stessa di questo angelo, rispetto alle altre due, sembra essere contenuta nel calice posto davanti alla mensa. È un piccolo e sottilissimo particolare che rievoca il mistero della transustanziazione.

Il volto del terzo angelo esprime una pacata mestizia, egli è lo Spirito Consolatore. Il colore delle sue vesti (azzurro e verde chiaro) richiama quello degli altri due angeli. Esse – attraverso questo compendio artistico – esprimono l’indivisibilità delle tre persone divine. La montagna, infine, dipinta alle spalle è l’immagine della elevazione, è il luogo più alto dove i popoli più antichi ritenevano dimorasse Dio e dove devono tendere i nostri occhi.

Ciò che Rublëv ha voluto esprimere dipingendo l’icona della Trinità è il senso circolare della comunione divina. I tre personaggi, posti l’uno di fronte all’altro, comunicano silenziosamente, attraverso lo sguardo, la loro capacità relazionante; l’Amore – per dirla con parole povere – procede dal Padre al Figlio nello Spirito Santo.

«In seno alla Trinità – afferma il teologo svizzero von Balthasar – ogni “persona” fa il volere dell’altra, anche se hanno tutte un’unica volontà ed anche se ogni cosa buona proviene dal Padre e viene eseguita dal Figlio nello Spirito Santo».

Andrej Rublëv – canonizzato dalla Chiesa ortodossa – ha saputo rappresentare con grande maestria e fedeltà teologica questo mistero. La sua icona, a distanza di secoli, continua a parlare all’uomo dei giorni nostri, lo invita ad entrare nel mistero, a lasciarsi coinvolgere in quel circolo d’amore sapientemente rappresentato nel dipinto.

Forse non è un caso che Rublëv, nel dipingere la Trinità, abbia voluto lasciare un piccolo varco, una specie di corridoio posto ai piedi delle due figure angeliche laterali, per permettere, a quanti si trovano davanti al mistero di quell’immagine divina, di entrare in comunione con Dio.

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Di Michelangelo Nasca

Direttore Responsabile, giornalista vaticanista, docente di Teologia Dogmatica. È presidente dell’emittente radiofonica dell’Arcidiocesi di Palermo, “Radio Spazio Noi”, e dell’Unione Cattolica Stampa Italiana (UCSI), sezione di Palermo.

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