Da più di quattro mesi, il vescovo nicaraguense di Matagalpa, monsignor Rolando Álvarez, si trova detenuto nell’Istituto penitenziario nazionale “Jorge Navarro”, per scontare la condanna a ventisei anni e quattro mesi inflittagli dal governo del Nicaragua di Daniel Ortega, per cospirazione e diffusione di notizie false.
Monsignor Álvarez ha scelto di rifiutare l’ordine di esilio negli Stati Uniti impostogli dal Governo, per rimanere con il suo popolo e testimoniare la coerenza evangelica del messaggio cristiano che lo aveva portato, in passato, a criticare la politica di aggressione e persecuzione disposta contro la Chiesa cattolica del Nicaragua. Una scelta, questa, che lo vede adesso detenuto nel carcere nazionale, in disumane condizioni di isolamento, dentro una cella piccolissima e in estreme condizioni climatiche, soprattutto in questo periodo dove le temperature possono raggiungere i 45° centigradi.
«In quel forno – scrive Gianfranco Amato per “La Nuova Bussola Quotidiana” – l’unica concessione fatta dai carcerieri è quella di poter bere una bottiglietta d’acqua al giorno. Chi è sopravvissuto a quella bolgia dantesca, racconta come indescrivibile la sensazione claustrofobica di ansa, angoscia, e disperato desiderio di scappare.
Le celle hanno una dimensione di due metri per due metri e mezzo e sono di cemento, materiale con cui è realizzato tutto, comprese le brande. In questo spazio angusto è stato possibile ricavare anche un minuscolo bagno costituito da un tubo di lavandino fatiscente, dal quale fuoriescono scarafaggi, blatte, e altri insetti, e da un wc di metallo senza scarico perennemente sporco in quanto i carcerieri non consentono l’utilizzo di un secchio o di un contenitore per l’acqua necessaria a drenare le feci. Anche la poca aria maleodorante che circola dentro la cella contribuisce alla definizione di “infernetto” data a quel padiglione del penitenziario. L’unica fonte d’aria e di luce è una piccola finestra nella porta alta circa 25 centimetri e larga 12 centimetri, sigillata da una rete metallica, e un’altra piccola apertura di e altri 15 centimetri di larghezza per 15 centimetri di altezza attraverso la quale passano il cibo ai detenuti».
Purtroppo, a favore di monsignor Rolando Álvarez, non si scorgono particolari manifestazioni di dissenso, veglie di preghiera o iniziative e interventi decisi di solidarietà.
L’unico conforto per il coraggioso vescovo di Matagalpa è quello della preghiera di tanti fedeli della chiesa nicaraguense e, “forse”, anche di qualche altra anima pia – presente nel mondo o in quella che una volta si definiva con fierezza l’Europa cattolica – che ha il coraggio di non girare lo sguardo da un’altra parte e di offrire “almeno una preghiera” per questo testimone della fede cristiana che, fedele a Cristo, ha deciso di non scendere dalla Croce!
Prima ancora che sui libri, i martiri bisognerebbe riconoscerli e sostenerli quando sono ancora in vita!
Foto: il Corriere Apuano
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