Quello dei ministri straordinari della santa comunione è, ad oggi, uno dei servizi più diffusi nella Chiesa ma anche uno dei meno “valorizzati” e approfonditi. Un piccolo esercito di donne e di uomini che nell’arcidiocesi di Palermo, tanto per fare un esempio, conta quasi 2 mila persone che ogni settimana, in ogni parrocchia, visitano anziani e ammalati che non possono muoversi da casa per portare loro l’Eucarestia. Un servizio nato nel 1973 con l’istruzione “Immensae caritatis” e che in questi 50 anni ha rappresentato una ricchezza preziosa per le nostre comunità.
Ecco perché Portadiservizio, per celebrare l’anniversario, ha deciso di dedicare un piccolo speciale a questo servizio ecclesiale: un viaggio in tre tappe per riscoprire il ministero straordinario della santa comunione e, con l’occasione, anche per ringraziare quanti lo svolgono con carità, disponibilità e pazienza a servizio non solo di anziani e ammalati ma di tutta la Chiesa.
Chi è il ministro straordinario?
Diciamo anzitutto che si tratta di un ministero che non è “istituito”, come quelli dell’accolitato o del lettorato, ma non è nemmeno “di fatto” visto che il mandato è conferito solitamente dal vescovo. Esso è “straordinario” perché – come si legge nel Benedizionale – è “suppletivo e integrativo degli altri ministeri”. In pratica, un ministro straordinario può essere chiamato in causa in due circostanze: durante una Messa, solo nel caso in cui presbiteri, diaconi e accoliti siano troppo pochi per distribuire la comunione a un’assemblea numerosa, o nel culto eucaristico fuori dalla Messa, quindi portando la comunione a chi è in pericolo di morte (Viatico) o a chi non può fisicamente recarsi in Chiesa e in assenza di altri ministri e in virtù del proprio battesimo.
Un servizio “liturgico intimamente connesso con la carità e destinato soprattutto ai malati e alle assemblee numerose – lo definisce ancora il Benedizionale – che impegna a una più stretta unità spirituale e pastorale con le comunità” nelle quali è svolto. Ne consegue che i ministri straordinari non possono prescindere dalle comunità di appartenenza: il loro è un compito affidato dalla Chiesa e svolto per il bene e l’edificazione della Chiesa stessa, che ha al suo centro Gesù presente nell’Eucarestia e in chi soffre.
Chi può fare il ministro straordinario?
Possono farlo sia gli uomini che le donne che abbiano ricevuto i sacramenti dell’iniziazione cristiana, seguendo le regole stabilite dal vescovo. A Palermo, per esempio, dove l’età minima è di 18 anni (fino ai 70), è richiesto anche il primo anno della Scuola teologica di base (con l’impegno a completare il triennio) e il corso di formazione specifica della durata di sei mesi, da gennaio a giugno, tenuto dal diacono don Nunzio Carrozza.
Fino all’ammissione delle donne ai ministeri istituiti, avvenuta nel 2021, quello straordinario della santa comunione era l’unico ministero liturgico che un vescovo poteva conferire a una donna; probabilmente è anche questo uno dei motivi che ha visto per anni una prevalenza femminile in coloro che lo svolgono. Oggi sono anche molti i giovani che accedono al ministero.
Perché si chiama così?
La definizione di “ministro straordinario della santa comunione” è indicata nell’istruzione “Redemptionis sacramentum” del 2004; una denominazione che ne ha sostituite altre (“ministro speciale” o “ministro straordinario dell’Eucaristia”) considerate errate perché “ne amplificano indebitamente e impropriamente la portata”. Questo per evitare che si confonda il ruolo di un laico con quello di un sacerdote ordinato che rimane il solo “ministro dell’Eucaristia” perché “in grado di celebrare in persona Christi”.
È possibile incaricare saltuariamente un laico?
Sì ma solo in caso di estrema necessità: si tratta di una benedizione impartita da colui che presiede la celebrazione, secondo un rito descritto nel Messale romano.
Secondo contributo – Comunione agli ammalati/2, se sono loro ad aiutarci
Terzo contributo – Comunione agli ammalati/3, un’esperienza ecclesiale
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