Episodi inediti, incontri mai raccontati e dettagli di una vita straordinaria che merita di essere conosciuta e approfondita in un modo completamente nuovo. Biagio Conte, il missionario laico che dieci mesi fa è tornato alla casa del Padre, è stato il protagonista dell’incontro tenutosi ieri pomeriggio nella parrocchia San Luca Evangelista di Palermo, in occasione della presentazione del libro a lui dedicato scritto da Michelangelo Nasca ed edito da Sanpino. Un momento voluto dal parroco don Antonio Filippello e impreziosito dalla presenza di don Pino Vitrano, il più stretto collaboratore di Biagio Conte che ha “ereditato” la guida della Missione Speranza e Carità che assiste giornalmente migliaia di indigenti.
La presentazione di “Fratel Biagio, il sorriso dei poveri” è stata l’occasione per raccontare alcuni momenti inediti o poco conosciuti della vita del missionario. Gli esordi, la crisi interiore, i giorni da eremita sulle montagne, i momenti di difficoltà, gli incontri con alcuni pastori che hanno segnato Biagio Conte e lo hanno spinto fino ad Assisi e poi alla Stazione centrale di Palermo. “Sono un pellegrino”, scriveva su alcuni volantini che distribuiva a chi lo incontrava agli inizi degli anni Novanta: parole che lo portarono a incontrare un’umanità varia e non sempre pronta all’impatto con un gigante della fede.
Perché se tutti conoscono l’ultima fase della vita di Biagio Conte, meno noti sono i primi anni: la croce edificata allo Sperone, lì dove recentemente è stato realizzato un grande murales, l’incontro con don Pino Puglisi proprio la mattina del giorno in cui fu ucciso, il bastone realizzato da un ebanista di Avellino che lo aveva incontrato e che è arrivato a Palermo quasi trent’anni dopo, la premonizione di un pastore che, dopo averlo conosciuto, non esitò a definirlo un “santo”, come sarebbe accaduto in occasione dei funerali.
Una vita straordinaria perché segnata dall’esperienza dell’amore di Dio: quell’amore capace di sconvolgere l’esistenza, tanto da spingerlo a lasciare la propria famiglia per dedicarsi ai più bisognosi. Una vita fatta di momento non facili, in cui Biagio non ha mai sentito venir meno la presenza del Signore: come quando, stremato da cinque giorni di digiuno e smarrito in una radura nell’Agrigentino, convinto ormai di essere destinato alla morte, scorse una luce bianca che, raggiungendolo, gli ridiede tanta forza da rimetterlo in piedi per raggiungere una fattoria che lo salvò. O come quando, afflitto da un terribile mal di denti, non incontrò casualmente un dentista che gli offrì gratuitamente le cure: una solidarietà diffusa che lo accompagnava nei suoi pellegrinaggi, come a Paola dove i carabinieri lo convinsero a restare per fargli una sorpresa, ossia l’incontro con i suoi genitori.
Perché Biagio Conte non è un “santino” da sventolare, né un semplice uomo impegnato nel sociale: era ed è un cristiano toccato dall’incontro col Risorto, capace di lasciare tutto per prendere la croce e mettersi alla sequela di Gesù. Una figura che va riscoperta e raccontata in modo nuovo, mettendone in primo piano la spiritualità profonda e toccante che, oggi più che mai, può essere esempio e monito per tutti.
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