Non è stato il trionfo dei “progressisti” ma nemmeno il flop in cui alcuni “conservatori” speravano. Si è chiusa in Vaticano la prima sessione del Sinodo sulla sinodalità voluto da Papa Francesco e il documento di sintesi finale, diffuso nella tarda serata di sabato scorso, ha sorpreso un po’ tutti: spunti, riflessioni, proposte più o meno condivise ma senza spaccature eclatanti o battaglie all’ultimo voto. Un epilogo che probabilmente nessuno si aspettava o, per meglio dire, non in linea con la narrazione che sin qui è stata fatta di un mondo cattolico lacerato dalle divisioni e in lotta per la successione pontificia.

Il Sinodo non è un campo di battaglia

Le cose sono andate in modo molto diverso e dimostrano, se mai ce ne fosse ancora bisogno, che il percorso sinodale non è un campo di battaglia, che l’assemblea dei vescovi non è un parlamento e che la Chiesa è una realtà unica nel suo genere, ben lontana dalle dinamiche tipiche della politica laica. Nonostante le previsioni di analisti e intellettuali, non c’è stato alcuno scisma in Germania né una rivolta dei “fedelissimi” di Benedetto XVI nei confronti dell’attuale successore di san Pietro: i cattolici rimangono, pur nella fisiologica eterogeneità di una realtà così vasta, un popolo unito e fedele attorno al vicario di Cristo. E lo dice anche la millenaria storia della Chiesa in cui pure non sono mancati i momenti di confronto e divergenza, senza che questo le impedisse di resistere al passare dei secoli.

I paragrafi più divisivi

Per carità, questo non vuol dire che tra i cattolici non ci siano opinioni differenti o visioni divergenti: i “dubia” dei cardinali, le marcate distanze tra l’ex prefetto della congregazione per la dottrina della fede Gerhard Ludwig Muller e l’attuale Víctor Manuel Fernández, le varie sensibilità su alcune tematiche sono dati di fatto che nessuno può smentire. Persino il voto sui singoli paragrafi della relazione finale lo ha dimostrato: quelli sul diaconato femminile, sul ruolo dei sacerdoti ridotti allo stato laicale e su alcuni temi eticamente più sensibili sono stati approvati con meno di 300 voti sui 365 aventi diritto.

Aperture ma niente fughe in avanti

Alla fine, però, nella sintesi finale non c’è traccia né di radicali ritorni al passato né di precipitose fughe in avanti, nonostante qualcuno avesse puntato il dito contro la presenza di troppi “progressisti”. Papa Francesco, in un libro-intervista recentemente pubblicato, ha ribadito la propria contrarietà al sacerdozio femminile e all’abolizione del celibato e nella sintesi finale non vi è traccia di orientamenti contrari; così come non vi sono paragrafi radicalmente innovativi sulla morale sessuale o sull’identità di genere, cosa che pare avere deluso una parte del mondo cattolico ma soprattutto chi cattolico non lo è. Ci sono però aperture sulla pastorale digitale, sul ruolo dei laici, sulla necessità di una maggiore collegialità anche a livello locale, su una revisione del codice di diritto canonico.

Una Chiesa in cammino

Questo cosa vuol dire? Semplicemente che la Chiesa è in cammino come da duemila anni a questa parte, che i cambiamenti non sono immediati ma richiedono tempo e discernimento, che il popolo di Dio si lascia guidare dallo Spirito Santo, che il Sinodo non è una semplice assemblea deliberativa. È bene ricordare infatti che, nonostante annunci e previsioni infondate, l’assemblea sinodale non ha il compito di decidere ma semmai di offrire spunti e suggerimenti al Papa a cui spetta l’ultima parola.

Un percorso imperfetto ma utile

E questo cammino sinodale, per quanto imperfetto e forse non proprio capace di quell’ascolto capillare dal basso che Francesco avrebbe voluto, ha comunque il merito di aver coinvolto milioni di persone a cui, per la prima volta, è stata chiesta un’opinione, a cui è stata riconosciuta una dignità in quanto battezzati. E se non ha risposto pienamente alle aspettative di alcuni, vuol dire che non è stato fatto per accontentare una parte o far prevalere una fazione sull’altra ma per offrire alla Chiesa stessa l’opportunità di mettersi in ascolto di quanto oggi Dio ha ancora da dirci.

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Di Roberto Immesi

Giornalista, collabora con Live Sicilia, è Revisore dei Conti dell’Ordine dei Giornalisti di Sicilia e Membro dell’Unione Cattolica Stampa Italiana (UCSI), sezione di Palermo.

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