L’altare della reposizione (o cappella della reposizione) è lo spazio che all’interno di una chiesa, al termine della Messa in Coena Domini del Giovedì Santo, è destinato a custodire le specie eucaristiche. Una tradizione particolarmente sentita anche in Sicilia, in cui questi altari vengono erroneamente chiamati anche “sepolcri”.
Le origini
La pratica di allestire gli altari della reposizione si è affermata in Europa già a partire dall’età carolingia ed esprimeva soprattutto l’idea della sepoltura. I cristiani erano portati ad adorare l’Eucarestia come segno di resurrezione ma soprattutto come espressione della sofferenza, del martirio, del sangue versato da Gesù.
Il Giovedì Santo l’Eucaristia veniva conservata, per l’abbondanza delle particole consacrate, nelle sacrestie perché nei giorni del Venerdì e del Sabato Santo erano non si celebrava la Messa (così come oggi). Questa custodia eccezionale era legata, dunque, proprio ai giorni della passione e della morte di Gesù, da qui l’identificazione di questi luoghi con il sepolcro che conservò il corpo di Cristo fino alla risurrezione.
L’altare della reposizione oggi
Con la messa della Cena del Signore, celebrata nel pomeriggio del Giovedì Santo, inizia il Triduo Pasquale; una solennità che consente di fare memoria dell’istituzione dell’Eucarestia e del sacerdozio ministeriale, oltre che del gesto della lavanda dei piedi.
Al termine di questa celebrazione, pronunciata l’orazione dopo la comunione, si forma una processione che, attraversando l’aula liturgica, accompagna il Santissimo Sacramento al luogo della reposizione, mentre l’assemblea intona l’inno “Pange lingua”.
L’altare della reposizione, infatti, va realizzato in modo tale che si colga la differenza con il tabernacolo utilizzato solitamente ed è possibile allestirlo solo dove si celebrerà anche la liturgia del Venerdì Santo: la funzione dell’altare è quella di custodire le specie eucaristiche per i giorni in cui non è possibile consacrarne di ulteriori, oltre che di permettere l’adorazione del Santissimo.
L’altare della reposizione va quindi allestito evitando che possa essere confuso con un sepolcro, decorato con sobrietà, con fiori di colore bianco e può essere arricchito da piantine di germogli di semi di grano o di lenticchie (che, coltivati al buio, simboleggiano il passaggio dalle tenebre della morte alla vita). Dopo la celebrazione la chiesa viene oscurata, tranne l’altare della reposizione, di fronte al quale i fedeli potranno rimanere in adorazione del Santissimo Sacramento obbedendo alla richiesta che Gesù rivolge ai suoi discepoli nell’orto del Getsèmani: “La mia anima è triste fino alla morte; restate qui e vegliate con me” (Mt 26, 38).
“Racconta” il tuo altare
Per valorizzare al meglio gli altari della reposizione delle parrocchie, Portadiservizio ha lanciato un contest: inviateci due foto dell’altare della reposizione realizzato nella vostra parrocchia all’indirizzo redazione@portadiservizio.it, specificando il nome e cognome del fotografo e la parrocchia.
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