Con la Messa «in Coena Domini» inizia il Triduo pasquale, i tre giorni nei quali si commemora la passione, morte e risurrezione di Gesù, che ha il suo culmine nella solenne Veglia pasquale e si conclude con i secondi Vespri della Domenica di Pasqua. Dalla Messa «in Coena Domini» alla Veglia pasquale abbiamo come un’unica celebrazione. Infatti la celebrazione della Messa «in Coena Domini» si conclude in silenzio, senza il saluto finale e il congedo. La celebrazione della Passione del Signore del Venerdì santo e la Veglia pasquale iniziano in silenzio senza il saluto iniziale, troveremo il saluto finale e il congedo al termine della solenne e gioiosa Veglia pasquale.

In questo primo giorno del Triduo come ricorda la Lettera circolare della Congregazione per il culto divino, Paschalis-solemnitatis, la «Messa è celebrata nelle ore vespertine del giovedì santo e la chiesa ha cura di far memoria di quell’ultima cena in cui il Signore Gesù, nella notte in cui veniva tradito, amando sino alla fine i suoi che erano nel mondo, offrì a Dio Padre il suo corpo e sangue sotto le specie del pane e del vino e li diede agli apostoli in nutrimento e comandò loro e ai loro successori nel sacerdozio di farne l’offerta» (cfr. 44).

Il cuore di questa celebrazione è, dunque, la memoria dell’istituzione del Sacramento dell’Eucaristia, segno sacramentale del dono di Cristo Gesù nella sua passione, morte e risurrezione. Gesù offrendo sé stesso nel segno del pane e del vino anticipa ciò che, realmente e storicamente, accadrà a breve. I vangeli sinottici riportano il racconto della istituzione del sacramento dell’Eucaristia, ma in questo giorno la liturgia ci fa ascoltare il vangelo secondo Giovanni che riporta la scena della lavanda dei piedi.

Giovanni presenta l’Ultima Cena, senza le parole dell’istituzione dell’Eucaristia, e in questo modo afferma la priorità dell’atteggiamento interiore rispetto al rito. Il memoriale dell’Eucaristia, infatti, riceve senso solo se autenticamente compreso dallo spirito di servizio e d’amore che animava Gesù durante l’Ultima Cena: «Gesù, sapendo che era venuta la sua ora di passare da questo mondo al Padre, avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine» (Gv 13,1).

La Comunità in questo giorno riceve con l’Eucaristia l’esortazione a fare come lui, il Maestro e Signore. A chinarsi reciprocamente verso le fragilità e le nudità, che causano sporcizia e forse anche ripulsione, dei nostri fratelli e sorelle. Non solo quelli lontani ma in modo particolare quelli che ci sono più vicini, più intimi. Infatti, tutti i gesti e le parole di Gesù che accompagnano la lavanda dei piedi fanno comprendere che quanto avverrà altro non è che il significato del dono di sé, Gesù dona la sua vita, la dona liberamente per tutti e perché tutti possano far parte di lui, della sua vita nuova e vivificante di Risorto L’Eucaristia celebrata con questo spirito ci rende, in Cristo e per Cristo, capaci di essere a nostra volta dono per gli altri, di quella misura abbondante di amore ricevuto.

È il Giovedì santo il giorno in cui si fa memoria grata del ministero istituito. Nella consegna che dà ai suoi Dodici Apostoli «fate questo in memoria di me» si racchiude il compito affidato ai ministri ordinati di continuare con la santa Messa l’offerta di Cristo al Padre per la salvezza e la santificazione dell’umanità, associando tutto il popolo di Dio, per la vocazione sacerdotale che scaturisce dall’identità battesimale. L’Eucaristia in questo senso diventa epifania della Chiesa, popolo gerarchicamente ordinato, dove ognuno per la sua parte, con i carismi e i ministeri ricevuti, partecipa dell’unica offerta sacerdotale di Cristo, sommo ed eterno sacerdote.

E, infine, è il giorno in cui la Chiesa sposa sosta con il suo Sposo e Signore presso l’altare della Reposizione, dove vengono riposte le Specie eucaristiche al termine della celebrazione e che saranno consumate nella Celebrazione del Venerdì santo. L’altare della Reposizione, che non è assolutamente un sepolcro, viene addobbato a festa per esprimere la gratitudine per la presenza del Signore nel sacramento dell’Eucaristia.

In questo anno 2024 che Papa Francesco ha voluto come Anno della preghiera, siamo chiamati a riscoprire e vivere l’Adorazione eucaristica, che ci permette di crescere nell’intimità con il Signore, nell’amore vicendevole e di metterci alla perenne e trasformante scuola del Vangelo da cristiani adulti e responsabili.

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Di Suor Doriana Giarratana

Madre superiora della congregazione “Pie Discepole del Divin Maestro” di Palermo

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