Nonostante la guerra, i fedeli non rinunciano a raggiungere Gerusalemme per participare alla Liturgia del “Fuoco Sacro”. Già la sera precedente alla Veglia Pasquale ortodossa, le porte di accesso alla Città Vecchia vengono chiuse per il grande numero di pellegrini in ingresso. Negli anni scorsi, le autorità religiose sono entrare in collisione con la polizia locale, per lre restrizioni imposte ai pellegrini. Quelli che riescono ad entrare, equipaggiati di materassini e sacchi a pelo, sono pronti a passare una notte tra le stradine vicine al Santo Sepolcro, pur di riuscire ad entrare la mattina successiva nella Basilica, e poter essere tra“i primi testimoni” che assisteranno al rito che incessantemente da quasi 12 secoli si ripete nel luogo della Risurrezione: Il Rito del Sacro Fuoco.
Il rito del Sacro Fuoco
La mattina della vigilia della Pasqua ortodossa durante la veglia, il patriarca dei greci ortodossi guida una processione che gira tre volte intorno all’edicola del Sepolcro, contornato da una moltitudine incredibile di fedeli oranti e vocianti, poi si ferma davanti al portoncino di legno che chiude la tomba e si spoglia dei paramenti sacri e di ogni altro oggetto; rimasto con una sola tunica bianca entra da solo nello spazio sacro e richiude la porta dietro di sé. Fuori i canti e le preghiere dei fedeli accalcati crescono d’intensità e di tono, fino a quando dagli oblò posti ai lati dell’edicola si intravedono dei bagliori intermittenti, come delle stelle filanti che si infrangono sull’unico raggio di sole che, nel buio della basilica, punta, all’una del pomeriggio, dal lucernaio della cupola fin dentro l’edicola del Sepolcro. Ancora un minuto e il patriarca riapre la porticina e compare con una fiaccola accesa Christòs Anèsti! “Cristo è risorto”.
Questo miracolo è considerato un segno della presenza divina e della benedizione di Dio per i fedeli. Cosa è successo nel chiuso della tomba, come il fuoco si sia generato, è mistero gelosamente custodito come tale da dodici secoli. Il fuoco dalle mani del patriarca passa poi ai fedeli che illuminano tutta la chiesa, in preda ad una gioiosa esaltazione per il ripetersi del “miracolo”. Subito gruppi di fedeli escono dalla basilica e girano nel quartiere cristiano della città vecchia, portando il fuoco nuovo in ogni casa. Così ugualmente il fuoco viene consegnato ai religiosi delle altre confessioni cristiane presenti nel Sepolcro, e sarà il fuoco che, di candela in candela, rimarrà acceso per tutto l’anno. Nello stesso tempo alcuni fedeli incaricati portano il fuoco, attraverso delle lanterne, alla porta di Giaffa, dove ad attenderli troveranno delle auto che lo trasferiranno all’aeroporto Ben Gurion, dove verrà imbarcato su voli speciali alla volta di Atene, Mosca e le altre capitali dell’ortodossia. Le veglie di Pasqua in quelle città potranno iniziare solo quando vi sarà giunto il “fuoco di Gerusalemme”.
Il “Fuoco santo” tra tradizione e storia
La conferma dell’esistenza di un vero e proprio rito viene dal monaco francese Bernardo che intorno all’870 scrive “Sabbato Sancto, quod est vigilia Pasche, Kirie eleison canitur, donec, veniente angelo lumen in lampadibus accendatur, que pendent super predictum sepulcrum, de quo dat patriarcha episcopis et reliquo popolo, ut illuminet sibi unusquisque in suis locis – Nel Sabato Santo, che è la vigilia di Pasqua, si canta il Kirie eleison, finché, quando viene l’angelo, si accende la luce nelle lampade che pendono sopra la suddetta tomba, che il patriarca dona ai vescovi e al resto dei persone, perché ciascuno possa illuminarsi nei suoi luoghi”.
Il “Fuoco santo” era conosciuto già da Giovanni Damasceno e Gregorio di Nissa ed è documentato fin dai tempi delle crociate: in particolare si trova narrato l’episodio della Pasqua del 1101, secondo il racconto del monaco Hermann del Monte degli Ulivi, nel libello “Hyerosolymita” (1116/17) di Ekkehard di Aura. Questo scritto fu inviato come viatico augurale, tramite il priore Amel di Aura, all’abate Erkembert di Korvey, alla fine del 1117 prima della partenza di quest’ultimo per la Terra Santa. Quando nel 1099 arrivano i crociati la presidenza del rito del Sacro Fuoco, pur rimanendo il medesimo, passa dal patriarca ortodosso a quello latino. Poi, nel 1187 con la caduta di Gerusalemme il rito viene mantenuto. Si narra che il 4 aprile 1192 nella veglia di Pasqua, Saladino si sarebbe recato di persona al Sepolcro per smascherare il presunto “inganno” dei cristiani, ma per tre volte il fuoco accese le lampade e per tre volte l’ira dei musulmani le spense; dalla qual cosa Saladino ebbe il presagio della sua morte vicina.
Come abbiamo anticipato, se solo per un anno non avviene il miracolo della Santa Luce durante l’officiatura del Patriarca Greco-Ortodosso, subentra a presiedere la cerimonia al Santo Sepolcro la prima tra le confessioni con diritto di precedenza. Il controllo avviene in più fasi secondo un rituale consolidato ed è a grandi linee mantenuto anche oggi: la mattina del Sabato Santo, prima dell’inizio della cerimonia a luogo l’esame scrupoloso e completo della tomba del Signore, terminato il quale essa viene sigillata con una mistura di miele e cera preparata il mattino stesso. Si esclude così categoricamente la presenza di qualche oggetto nel Santo Sepolcro in grado di causare del fuoco. Dopo di che la cappella che custodisce la tomba del Signore viene chiusa e le autorità israeliane vi fanno aderire la cera con i sigilli. Il controllo inizia alle 10 di mattina e termina un’ora dopo alle 11; mentre è in corso gli arabi ortodossi fanno le loro rimostranze per ricordare e sostenere i propri diritti.
La procedura dev’essere registrata dagli scrupolosissimi rappresentanti della santa vigilanza del Sepolcro, dagli Armeni e dai rappresentanti delle altre confessioni. In modo particolare gli Armeni sovrintendono la meticolosità del controllo, perché una volta, nel 1549, tentarono di “impossessarsi” del miracolo: corruppero il Sultano Mourat ed estromisero col suo aiuto il Patriarca Greco-Ortodosso dalla basilica del Santo Sepolcro, pretesero e ottennero che la liturgia fosse presieduta dal Patriarca Armeno, ma, come riporta il cronista arabo Huri Fosi: “Invano invocavano Dio, il Fuoco non voleva discendere. All’improvviso si udì un rimbombo di tuono e dalla colonna di marmo, presso la quale era il patriarca Ortodosso, apparve il Fuoco”. In quell’occasione avvenne pure la conversione dell’Emiro di Agarino che vedendo questi eventi gridò: “La fede dei Cristiani è grande! Il vero Dio è solo Uno, il Dio dei Cristiani! Credo a Cristo risuscitato dai morti. Mi inginocchio a Lui come mio Dio!”. I musulmani lo catturarono e lo decapitarono subito e il suo corpo è venerato ancor’oggi nel Monastero della Grande Vergine di Gerusalemme.
La leggenda racconta che un cavaliere fiorentino, Pazzino de’ Pazzi, fu il primo cristiano a issare il vessillo crociato su Gerusalemme il 15 luglio 1099 e ricevette tre schegge del Santo Sepolcro per questo primato. Tornato a Firenze, le schegge furono usate, sfregandole, per accendere il fuoco benedetto nel Duomo durante il Sabato Santo. Successivamente, questa tradizione si evolse con l’uso di trasportare il fuoco santo su un carro per le strade di Firenze, sostituendo il braciere con fuochi artificiali nel 1300. Questo evento, noto come lo “scoppio del carro”, coinvolgeva un piccione (la “colombina”) che portava il fuoco al carro, che poi veniva acceso davanti al Duomo. La riuscita del volo della colombina era considerata un presagio per la fortuna o la sfortuna dell’anno a venire.
Ecco la cronaca del tempo: “Il rito rappresenta la benedizione del fuoco. L’Arcivescovo si reca la mattina nella più antica chiesa della città, quella dei Ss. Apostoli dove si conserva il fuoco benedetto, ivi lo prende per portarlo all’altar maggiore del Duomo, da dove la ‘colombina’ in forma di piccione, la colombina famosa, si parte lungo un filo per andare ad accendere il carro sulla piazza davanti alla porta centrale; e sempre schizzando fuoco dalla coda ritorna all’altar maggiore. Il vecchio carro… tirato da tre paia di buoi infioccati e adornati di specchi per la solennità, tra una gazzarra urlante di monelli, lentamente e traballando se ne viene fin sulla piazza fra il Battistero e la Cattedrale. Per il suo incedere lento e dinoccolato il popolo lo chiama ‘brindellone’. A mezzogiorno, quando la Messa è al ‘Gloria in excelsis Deo’, un pompiere salta su una scaletta simile a un gatto, e senza dare il tempo di accorgersene appicca il fuoco alla colombina che per due volte striscia infuocata lungo tutta la chiesa sopra la folla rumoreggiante. Dalla riuscita più o meno perfetta del suo volo si traggono i pronostici di fortuna o di disgrazia per l’anno corrente”.
Oggi nella Basilica del Santo Sepolcro, come si svolge la Liturgia del “Fuoco Santo”?
A mezzogiorno del Sabato Santo ha inizio la liturgia della Santa Luce, costituita da tre fasi: 1) il canto della Litania d’intercessione; 2) l’entrata del Patriarca Greco-Ortodosso di Gerusalemme nel Santo Sepolcro; 3) le invocazioni affinché appaia la Luce Santa. Seguendo la tradizione, il Patriarca Greco-Ortodosso accompagnato dal suo seguito e dal Patriarca Armeno entra nella basilica del Santo Sepolcro mentre le campane suonano a morto. E’ la Chiesa che ripercorre con dolore i passi delle Pie Donne che vanno al Sepolcro a piangere sul corpo di Cristo.
Prima che il Patriarca entri nel santuario che racchiude il Sepolcro, il custode della Sacrestia del Santo Tempio ne fa uscire la lampada che arde perennemente.
Provenendo dall’interno del Tempio dell’Apostolo Giacomo, il Patriarca entra nel santuario e siede sul suo trono patriarcale. Quindi i rappresentanti di Armeni, Caldei, Copti, cattolici, e altri gli passano davanti e lo salutano baciandogli la mano. Secondo le consuetudini, infatti, chi non ossequia il Patriarca Ortodosso, non ha diritto a ricevere la Santa Luce dalla sue mani. Immediatamente dopo, inizia la Litania d’Intercessione che viene cantata per tre volte attorno al Santo Sepolcro e termina davanti ad esso. Il Santo Sepolcro viene allora dissigillato, mentre il Patriarca depone i paramenti pontificali e rimane con il solo camice.
Il Governatore di Gerusalemme e un Ispettore di Polizia esaminano a quel punto il Patriarca davanti a tutti, in modo da assicurare i presenti che egli non abbia nascosto un qualsiasi oggetto capace di accendere il fuoco. Terminata la perquisizione, il Patriarca di Gerusalemme prende delle torce spente ed entra nel Santo Sepolcro con i dignitari Armeni. Ogni lampada è spenta e non vi è nulla di acceso in tutta la chiesa. All’interno del Santo Sepolcro, il Patriarca si inginocchia in preghiera. Nell’atmosfera di assoluto silenzio che avvolge il presbiterio, si sente un sibilo e quasi contemporaneamente un lampo di luce bianca e blu invade la basilica. Le lampade si accendono miracolosamente. Contemporaneamente, all’interno dell’urna, la torcia tenuta dal Patriarca, che continua a pregare, si accende spontaneamente di luce santa. La folla applaude a gran voce e dagli occhi dei presenti sgorgano lacrime di gioia e di fede.
E’ la Pasqua del Signore: Il risorto spazza via ogni violenza per fare spazio alla vittoria sul peccato e sulla morte. Ne siamo certi: davvero il Cristo è risorto, e continua a dare vita a questa umanità che geme e soffre! Chiediamo al Risorto, di donare alla Terra santa e a tutta l’umanità, giorni di pace e di libertà.
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