Fin dal 07 Ottobre 2023, quando Hamas ha attaccato Israele, la voce del Patriarca Latino di Gerusalemme il Cardinale Pizzaballa, non si è risparmiata nell’invitare le parti a “pensare alla pace”, piuttosto che “alimentare la guerra”. L’epicentro dello scontro tra Hamas e Israele ha coinvolto in modo del tutto particolare e drammatico la striscia di Gaza. Un lembo di terra densamente occupato, che diventa in ogni crisi regionale quasi una calamita dove scaricare le responsabilità di quanti si contendono il dominio di quelle terre.
La situazione è peggiorata a seguito degli eventi iniziati il 7 ottobre 2023, con attacchi su larga scala dell’esercito israeliano. Da allora gli ospedali e le strutture sanitarie sono sotto attacco e l’assedio imposto da Israele ha portato a una grave mancanza di elettricità, cibo, acqua e medicinali per la popolazione. La malnutrizione incombe, le malattie trasmissibili si diffondono, l’acqua potabile scarseggia, peggiorando in modo drastico le condizioni di vita delle persone.
Ad oggi, dopo più di otto mesi dall’inizio della guerra tra Israele e Hamas, a nord della Striscia di Gaza il rischio di morire è altissimo, poiché le persone non hanno accesso nemmeno alle cure mediche di base. Il sistema sanitario è crollato completamente tra epidemie e gravi danni dovuti ai continui bombardamenti. La situazione è catastrofica e altre morti per fame e malattie seguiranno se l’accesso umanitario continua ad essere impedito dalle autorità israeliane. Nella zona centrale la situazione peggiora di giorno in giorno. Gli attacchi dei droni, il fuoco dei cecchini e i bombardamenti nelle immediate vicinanze degli ospedali hanno reso questi spazi luoghi insicuri per vivere e lavorare.
Nel sud di Gaza la situazione è catastrofica per molte altre ragioni. In un fazzoletto di terra di soli pochi chilometri ci sono più di un milione e mezzo di persone rifugiate in aree assolutamente disorganizzate, costrette a proteggersi dalla pioggia e dal freddo con tende di plastica.
Gaza però non è solo disperazione. Ci sono tanti piccoli segni di speranza, di condivisione, di attenzione, che tengono accesa quella fiammella fioca, capace di illuminare le giornate più buie. Durante gli ultimi mesi, vissuti nella guerra, la parrocchia latina della Sacra Famiglia di Gaza, ha svolto un ruolo importante. È diventata la “casa dell’accoglienza”, o meglio come ripete Papa Francesco “l’ospedale da campo” non solo per i cristiani, ma anche per i musulmani. Gli operatori pastorali della parrocchia latina, si sono spesi con abnegazione per sostenere quanti hanno bisogno di una parola di incoraggiamento per poter andare avanti nonostante il grido delle bombe e delle armi e della morte che in modo indiscriminato bussa alle porte degli abitanti di Gaza.
Non possiamo dimenticare le vittime dell’attentato israeliano davanti la porta della Chiesa latina di Gaza, nel quale furono uccise due donne e altri sette fedeli rimasero feriti mentre tentavano di soccorrere le persone dentro la chiesa. In quel tragico momento Pizzaballa, sottolineò che “nessun avvertimento era stato dato” circa un eventuale attacco alla parrocchia dove, come più volte ribadito, “non ci sono belligeranti”. Il comunicato del Patriarcato si riferiva anche al razzo sparato da un carro armato israeliano che colpì la casa delle suore di Madre Teresa che in quel piccolo lembo di terra, assistono 54 ragazzi gravemente disabili. La struttura, spiegava il Patriarcato latino, “era stata segnalata come luogo di culto sin dall’inizio della guerra”. Il razzo che ha colpito e distrutto i pannelli solari e il generatore elettrico rappresentavano l’unica fonte di elettricità utile anche a far funzionare i respiratori necessari ai giovani disabili. In quella triste occasione, furono distrutti anche i grandi contenitori di acqua posti sui tetti della parrocchia. Altri due razzi, sparati sempre da carri armati israeliani, raggiunsero addirittura la casa delle suore.
Negli occhi e nella mente del Patriarca è costantemente presente la tragedia di Gaza, con immagini che forse non potrà mai cancellare. Turba la coscienza e la ragione sentirlo elencare i morti che “sono oltre 6.000, tra i quali molte donne e bambini. E poi i quartieri rasi al suolo dai bombardamenti dove non c’è più nulla, né acqua, né cibo, né elettricità. Una situazione che non riesco a comprendere. I bombardamenti non porteranno mai a nessuna soluzione, sostiene senza mezzi termini”. Sappiamo bene, come anche l’informazione, deforma la realtà e a volte invece di indicare strade di pace, getta legna sul fuoco della guerra creando ulteriori separazioni, sospetti, violenze e inimicizie. Guardando in prospettiva, il Patriarca sostiene con forza che “la pace vada ricercata ad ogni costo. Però, non bisogna confondere la pace con la vittoria”. Per ottenere una stabilità, spiega il cardinale, “entrambe le parti dovranno perdere qualcosa. Israeliani e palestinesi è difficile che possano vivere insieme ma dovranno farlo stando gli uni accanto agli altri ma distinti. E dobbiamo creare le condizioni affinché questo possa accadere al più presto”.
Finalmente dopo un lungo periodo di trattative, ieri, 16 Maggio 2024, quasi a sorpresa dopo 7 mesi l’inizio della guerra in Medio Oriente, il Patriarca Latino di Gerusalemme, Cardinale Pierbattista Pizzaballa ha fatto visita ai cristiani nella parrocchia di Gaza: dopo averli sentiti quotidianamente e dopo aver contribuito attivamente al sostegno con aiuti e contatti diplomatici, il Cardinale responsabile dei cattolici in Terra Santa si è recato in visita pastorale presso la parrocchia della Sacra Famiglia. In questi mesi di guerra incessante, la comunità cattolica di Gaza ha accolto diversi palestinesi in fuga dal conflitto fra Israele e Hamas: ogni mattina, oltre al Patriarca Pizzaballa anche Papa Francesco in persona si collega con il parroco argentino padre Gabriele Romanelli per avere aggiornamenti sulla situazione quotidiana e poter concretamente aiutare tramite la diplomazia vaticana.
Insieme a Pizzaballa, come informa il comunicato del Patriarcato, c’erano fra’ Alessandro de Franciscis, grande ospedaliere del Sovrano Ordine di Malta, nonché Presidente del Bureau des Constatations Médicales di Lourdes (l’ufficio che esamina i casi di presunte guarigioni miracolose), padre Gabriele Romanelli, parroco di Gaza e una piccola delegazione che ha potuto incontrare, si legge, «la popolazione sofferente per incoraggiarla e portare un messaggio di speranza, solidarietà e sostegno. Sua Beatitudine ha presieduto la messa nella chiesa parrocchiale con la comunità locale. Durante il suo soggiorno, Sua Beatitudine ha fatto una visita di cortesia alla parrocchia ortodossa di San Porfirio».
La visita, inoltre, “è la prima tappa di una missione umanitaria congiunta del Patriarcato Latino e del Sovrano Ordine di Malta, in collaborazione con il Malteser International e altri partner, finalizzata alla consegna di cibo e assistenza medica salvavita alla popolazione di Gaza”.
A descrivere a Vatican News – Radio Vaticana la situazione a Gaza dopo le sette ore vissute nella Striscia con il cardinale Pizzaballa è Fra’ Alessandro de Franciscis, Grande Ospedaliere dell’Ordine di Malta, firmatario del Memorandum d’intesa che istituisce la missione umanitaria congiunta del Patriarcato latino e del Sovrano Ordine di Malta, siglato tra le parti lo scorso 14 maggio. Il Grande Ospedaliere non nasconde l’emozione nel raccontare la gioia dei fedeli della parrocchia della Santa Famiglia all’ingresso del Patriarca, per la prima volta dall’inizio della guerra. “Lui – sono le parole di de Franciscis – era ansioso da tempo di poter riabbracciare la gente di Gaza e assistere con i miei occhi all’abbraccio della folla che lo attendeva nel cortile della parrocchia è stato per me commovente”. Altro aspetto importante della visita è stato l’aver potuto riaccompagnare a il parroco di Gaza, padre Gabriel Romanelli. “Avrebbe dovuto rientrare a Gaza il giorno sei di ottobre – prosegue de Franciscis – poi decise di sbrigare alcune altre cose su Gerusalemme. Sarebbe rientrato l’indomani, ma il sette scoppiò la guerra. Mancava dalla sua parrocchia da sette mesi. E anche in questo caso tanti tanti abbracci”. Molti degli aiuti giungeranno, indica de Franciscis, nelle prossime 4/6 settimane, e saranno necessari a far fronte alle drammatiche urgenze e ad una situazione sanitaria senza precedenti.
Nei giorni scorsi, Pizzaballa, presente a Bari per la festa di San Nicola aveva parlato della difficile situazione della piccola comunità cristiana di Gaza: “La situazione resta molto fragile. Nella parrocchia sono rimaste circa 500 persone” a cui si aggiungono “altre 200 della comunità ortodossa. Siamo riusciti a fare avere un po’ di viveri ma mancano medicinali e l’acqua è problematica e ahimè a causa della grave situazione igienica, sta girando le epatite che si sta diffondendo. È una situazione molto fragile”.
Sul ruolo della Chiesa in Medio Oriente aveva detto che “Compito della Chiesa non è mediare perché ci sono già dei mediatori. Il compito della Chiesa è creare gli spazi per la mediazione, aiutare, facilitare e creare occasioni perché il rapporto, il negoziato possa essere facilitato”. Che la visita del Patriarca Pizzaballa a Gaza, possa diventare il preludio per costruire dal basso e con molta determinazione “la pace” che viene dall’alto come sigillo sicuro al cammino di tutti gli uomini amati da Dio.
Fonte: Faro di Roma
Foto: OSV News/Patriarcato latino di Gerusalemme
Segui Porta di Servizio
Puoi ricevere le notifiche degli articoli di PORTA DI SERVIZIO iscrivendoti gratuitamente nel nostro gruppo Telegram, qui t.me/portadiservizio oppure qui t.me/alsorgeredelsole per ricevere la riflessione (un minuto e trenta secondi) spirituale mattutina.