Riposare in Dio

Il Vangelo che la Chiesa Cattolica propone per domenica, parla del confronto tra Gesù con i suoi discepoli che tornano dalla missione. Gesù, ascolto il resoconto, e alla fine chiede ai suoi discepoli di “riposare”, per essere pronti ad affrontare le nuove missioni.

Il riposo a cui fa riferimento Gesù, richiama essenzialmente, al momento in cui Dio si riposa dopo le “fatiche” della creazione. Poiché Dio, nel settimo giorno cessò da ogni attività, anche l’uomo, in quel giorno deve cessare ogni impegno per dedicarsi a ciò che conta nella vita, nella famiglia, nella natura e nel rapporto con Dio. Dunque, il riposo dei discepoli è quasi come un ritornare a Dio, prima di compiere ogni tipo di annuncio del regno.

Nel contesto del Vangelo, il riposo è motivato dalle fatiche in cui sono incorsi i missionari, ed è segno dell’attenzione di Gesù per i suoi, un “gesto umanissimo”, ma in un’altra prospettiva lascia anche intravedere uno scorcio su un concetto molto caro alla mentalità ebraica. Anche nel Vangelo di Matteo troviamo un invito al riposo (“Venite a me, voi tutti, che siete affaticati e oppressi, e io vi ristorerò”; Matteo 11,28), ma il tema è soprattutto presente nella Lettera agli Ebrei.

Il salmo 23 aveva ripreso questa prospettiva del Dio-pastore che offre al popolo fedele il riposo per rinfrancarlo e apparecchiargli una mensa, tema che i libri sapienziali avevano a loro volta sviluppato. Il riposo dei discepoli consiste nel bere alla fonte della misericordia divina incarnata in Gesù, e saggiare la generosità e l’esigenza dell’amore con cui egli accoglie gli uomini e nello stesso tempo sfugge ai loro tentativi di raggiungerlo, per condurli sempre più avanti.

Il riposo del discepolo consiste nel far propria la tenerezza di Dio per il suo popolo; così si impara a diventare apostoli. Ecco che Marco riprende ora quanto aveva già avuto occasione di scrivere al momento dell’istituzione dei Dodici, che aveva chiamati perché stessero con lui e per annunciare il vangelo (Marco 3, 14). “La deformazione professionale, che spinge perennemente i pastori a dover dare, rischia di trascurare un compito ben più importante, che è quello di stare con lui, in disparte. L’idolatria, di cui tanto parla l’Antico Testamento, nasce proprio da questa dimenticanza a stare con Dio”.

נוחי באלוהים

הבשורה שהכנסייה הקתולית מציעה ליום ראשון מדברת על העימות בין ישו לתלמידיו שחזרו מהמשימה. ישו, אני מקשיב לדו”ח, ובסופו של דבר הוא מבקש מתלמידיו “לנוח”, להיות מוכנים להתמודד עם המשימות החדשות

כל השאר שישוע מתייחס אליו מזכיר למעשה את הרגע שבו אלוהים נח אחרי “עבודת” הבריאה. מכיוון שביום השביעי אלוהים הפסיק כל פעילות, אפילו האדם, ביום זה עליו להפסיק כל מחויבות להקדיש את עצמו למה שחשוב בחיים, במשפחה, בטבע וביחסים עם אלוהים. לכן, שאר התלמידים הם כמעט כמו חזרה לאלוהים, לפני ביצוע כל סוג של הכרזה על הממלכה

מנוחה בהקשר של הבשורה, מונעת על ידי המאמצים של המיסיונרים, וזה סימן של תשומת הלב של ישו עבור עמו, “מחווה אנושית מאוד”, אבל מנקודת מבט אחרת זה גם חושף הצצה של מושג יקר מאוד המנטליות היהודית. גם בבשורה על פי מתי אנו מוצאים הזמנה למנוחה (“בואו אלי כולכם, עייפים ומדוכאים, ואני ארענן אתכם”; מתי 11,28), אבל הנושא נוכח במיוחד במכתב לעברים

תהילים 22:1 לקח את נקודת המבט הזאת של הרועה אלוהים, מי מציע את המאמינים לנוח כדי לרענן אותם ולהניח להם שולחן, נושא שספרי החוכמה בתורו פיתחו. שאר התלמידים עוסקים בשתייה במקור הרחמים האלוהיים שהתגלגלו בישוע, ובדיקת הנדיבות והצורך באהבה שבה הוא מברך את בני האדם ובו בזמן בורח מניסיונותיהם להגיע אליו, להוביל אותם עוד ועוד

על כן, האדם הופך להיות אלוהים, ולכן הוא הופך להיות אלוהים. כאן מארק עכשיו מחדש את מה שהוא כבר כתב בעת הקמתה של שנים עשר, מי שהוא קרא להיות איתו ולהכריז את הבשורה (מארק 3:14). העיוות המקצועי, שדוחף את הכמרים לתת ללא הרף, מסתכן בהזנחת משימה חשובה הרבה יותר, שהיא להיות איתו, בצד. עבודת אלילים, שהתורה מדברת עליה כל כך הרבה, נובעת בדיוק מהשכחה הזאת להיות עם אלוהים

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