Carissimi fratelli e sorelle,

Gesù si presenta “con la potenza dello Spirito” nel giorno di sabato nella sinagoga di Nazaret. Da buon osservante, il Signore non si sottrae al ritmo liturgico settimanale e si unisce all’assemblea dei suoi compaesani nella preghiera e nell’ascolto delle Scritture. Il rito prevede la lettura di un testo della Torah o dei Profeti, seguita da un commento.

Quel giorno Gesù si alzò a leggere e trovò un passo del profeta Isaia che inizia così: “Lo Spirito del Signore Dio è su di me, / perché il Signore mi ha consacrato con l’unzione; / mi ha mandato a portare il lieto annuncio ai miseri” (61,1-2). Gesù infatti, terminata la lettura, in un silenzio carico di attenzione, disse: “Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete [ora] ascoltato” (Lc 4,21). San Cirillo d’Alessandria afferma che l’”oggi”, posto tra la prima e l’ultima venuta di Cristo, è legato alla capacità del credente di ascoltare e ravvedersi.

Ma in un senso ancora più radicale, è Gesù stesso “l’oggi” della salvezza nella storia, perché porta a compimento la pienezza della redenzione. Il termine “oggi”, molto caro a san Luca (cfr 19,9; 23,43), ci riporta al titolo cristologico preferito dallo stesso Evangelista, cioè “salvatore” (sōtēr). Già nei racconti dell’infanzia, esso è presentato nelle parole dell’angelo ai pastori: “Oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, Cristo Signore” (Lc 2,11).

Cari amici, questo brano interpella “oggi” anche noi. Anzitutto ci fa pensare al nostro modo di vivere la domenica: giorno del riposo e della famiglia, ma prima ancora giorno da dedicare al Signore, partecipando all’Eucaristia, nella quale ci nutriamo del Corpo e Sangue di Cristo e della sua Parola di vita. In secondo luogo, nel nostro tempo dispersivo e distratto, questo Vangelo ci invita ad interrogarci sulla nostra capacità di ascolto. La Parola di Dio auita a “conservare la fede”.

Prima di poter parlare di Dio e con Dio, occorre ascoltarlo, e la liturgia della Chiesa è la “scuola” di questo ascolto del Signore che ci parla. Infine, ci dice che ogni momento può divenire un “oggi” propizio per la nostra conversione. Ogni giorno può diventare l’oggi salvifico, perché la salvezza è storia che continua per la Chiesa e per ciascun discepolo di Cristo. Questo è il senso cristiano del «carpe diem»: cogli l’oggi in cui Dio ti chiama per donarti la salvezza!

Soffermiamoci a commentare un aspetto della profezia di Isaia: la liberazione degli oppressi ( v.18) è il vangelo per eccellenza. Per Isaia 56,8 il vero digiuno è dedicarsi al servizio del prossimo mediante opere di misericordia tra cui la liberazione dei prigionieri. I “poveri” ai quali è destinato il messaggio del vangelo sono coloro che mancano dei beni necessari, ma prima di tutto della libertà. E’ questa mancanza di libertà che li rende afflitti. Ma non basta consolarli, bisogna tirarli fuori dalla loro condizione. Il vangelo annuncia la liberazione da ogni forma di schiavitù, fisica e morale, già in questa vita, prima ancora che nella vita eterna.

E da qui possiamo trovare il filo conduttore delle nostre riflessioni in preparazione alla festa della Madonna della Milicia. Anche Sara, la moglie di Abramo, ha vissuto l’oggi della Parola di Dio nella sua vita, senza lasciarsi scoraggiare o peggio cadere nella disperazione come la Vergine Maria che ha vissuto nell’oggi della sua vita, la chiamata di Dio a diventare la Madre del Signore.

Secondo la tradizione ebraica la bellezza di Sara era incomparabile (cf. Gn 12,11), che non si alterò mai con il passare degli anni, segno della realtà inafferrabile da cui era abitata. Sara era abitata da Dio. E da Dio trovava la forza per andare avanti, nonostante la sua fede cozzava con le tradizioni.

Abramo percepì tardivamente l’eccezionale bellezza e ne restò spaventato, perché la sua incolumità sarebbe stata a rischio, in quanto avrebbero cercato di ucciderlo per impossessarsi della sua donna: “Da qui l’idea del doppio stratagemma: chiudere Sara dentro una cassa, il tempo necessario per entrare in incognito in Egitto, e presentarla come sua sorella quando il paese fosse stato irradiato dalla sovrana forza della sua bellezza”.

Abramo non impone a Sara i suoi espedienti per salvarsi, ma si rivolge a lei con la preghiera. Sara gli obbedisce, perché la sua esistenza non è concentrata su se stessa ma è proiettata verso l’accoglienza dell’alterità. Secondo  la tradizione ebraica, Abramo sapeva che Sara era abitata dalla Presenza (di Dio), che non avrebbe permesso che le accadesse del male. “Il Midrash aggiunge che, da allora, Abramo divenne subordinato a sua moglie”.

Sara non entra direttamente nel dialogo tra Dio e Abramo, ma la sua abnegazione per il bene di Abramo rivela che lei ha colto il vero senso di tale dialogo: non essere per se stessi ma per l’Altro, per Dio.  

Per la Bibbia la donna è in funzione della maternità, della posterità che deve assicurare. La donna sterile era disprezzata ed emarginata, anche se spesso prediletta dal marito. Sara, per sfuggire a questa umiliazione, decide di diventare madre tramite la sua schiava Hagar; dopo la maternità, però, deride la sua padrona, e Sara si vede costretta a mandarla via.

Dinanzi all’annuncio della maternità i saggi sottolineano il riso scettico di Sara, a differenza della fede di Abramo che pure aveva riso. A causa di questo riso, per la prima volta Dio si rivolge a Sara, a una donna.

E’ questo riso che induce Dio a parlare con Sara? E se all’improvviso Sara s’impaurisce e pretende di non aver riso, sarebbe forse per conservare, malgrado tutto, a dispetto dell’evidenza della sua vecchiaia, la speranza della felicità intravista? Di un tempo aperto all’infinito di un figlio, delle generazioni promesse tramite lui.  Anche dopo la nascita del figlio Isacco, Sara, per la sua generosità, non indulge alla possessività, ma riconosce di aver ricevuto un dono, e loda Dio per questo favore gratuito che le è stato accordato: “Cantare allora, come Sara il dono del figlio e nell’alleanza rallegrarsi del dono della Torah, significa mettere fine al compiacimento solo di sé, alla commiserazione rivolta unicamente alle proprie sventure e all’orgoglio di chi pretende di contare solamente su di sé.

Con l’opera di Sara e poi con le altre matriarche, “l’elezione” assume un nuovo significato, supera le leggi naturali, in quanto è offerta al secondogenito, al più debole, la continuazione della generazione. Dunque, conservare la fede, per Sara, non significa solo sfidare le convizioni della sua cultura, seguire alla luce di Dio la vita del figlio della risata soprattutto nel momento “dell’Aqedah”, la legatura di Isacco sull’altare per essere immolato, non ha riguardato solo Abramo; infatti i saggi sottolineano che la morte solitaria di Sara (cf. Gn 23,2), sia sopraggiunta a causa del suo dolore per la terribile prova, per la sofferenza del figlio, pronta a sostituirsi a lui.

La morte di Sara è stato uno scambio, una sostituzione, tra la morte del figlio e la sua. Per concludere, quella di Sara è una vicenda che afferma “il sentimento di precarietà, la certezza che la fragilità di altri, del figlio in modo particolare, che prevale sulla propria esistenza”.

Affidiamo alla Vergine Maria, il nostro cammino di fede e chiediamogli di conservere la fede. Lei che sotto la croce ha partecipato alla morte del Figlio, possa continuare ad essere segno di speranza per tutti i popoli della terra. E per questo la invochiamo.

Foto: Achille Scaravalle

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Di Don Salvatore Lazzara

Don Salvatore Lazzara (1972). Presbitero dell’Arcidiocesi di Palermo, ordinato Sacerdote dal cardinale Salvatore De Giorgi il 28 giugno 1999. Ha svolto per 24 anni il suo ministero presso l’Ordinariato Militare in Italia, dove ha avuto la gioia di incontrare e conoscere tanti giovani. Ha partecipato a diverse missioni internazionali dapprima in Bosnia ed in seguito in Libano, Siria e Iraq. Ha concluso il servizio presso l’Ordinariato Militare presso la NATO-SHAPE (Bruxelles). Appassionato di giornalismo, dapprima è stato redattore del sito “Papaboys”, e poi direttore del portale “Da Porta Sant’Anna”. Ha collaborato con il quotidiano “Roma” di Napoli, scrivendo e commentando diversi eventi di attualità, politica sociale ed ecclesiale. Inoltre, ha collaborato con la rivista di geopolitica e studi internazionali on-line “Spondasud”; con la rivista ecclesiale della Conferenza Episcopale Italiana “A sua immagine”, con il quotidiano di informazione on-line farodiroma, vatican.va e vatican insider. Nel panorama internazionale si occupa della questione siriana e del Medio Oriente. Ha rivolto la sua attenzione al tema della “cristianofobia” e ai cristiani perseguitati nel mondo, nella prospettiva del dialogo ecumenico ed interreligioso con particolare attenzione agli ebrei ed ai musulmani. Conosce l’Inglese, lo Spagnolo, l’Ebraico e l’Arabo.