Nella sinagoga c’era un uomo che era posseduto da un demonio impuro; cominciò a gridare forte: “Basta! Che vuoi da noi, Gesù Nazareno? Sei venuto a rovinarci? Io so chi tu sei: il santo di Dio!”. Ci sono giorni in cui resto sbalordito per la nitida e profonda fede del diavolo.

Amici, ditemi se qualcuno di noi ha la stessa precisione teologica e chiarezza dottrinale nel rivolgersi a Gesù in questo modo. Pensiamo che il peccato del diavolo sia la mancanza di fede, ma ci sbagliamo. Il diavolo ha più fede di noi. Ma la fede è diabolica quando non è collegata alla carità, quando non diventa amore, quando non arriva al punto di “dare la vita per i propri amici”.

È qui che casca l’asino, e il diavolo. E qui che caschiamo noi o prendiamo il volo. Solo se la nostra fede aumenta la nostra capacità di amare Dio, noi stessi e il prossimo allora è fede che salva: dunque combattere la buona battaglia e conservare la fede. Diversamente è correttezza teologica in bocca al più preparato teologo della storia: il diavolo; ma non è fede che ci salva. Se fosse bastata la semplice informazione, Gesù non sarebbe morto per noi. Ma l’amore non è la comunicazione di un concetto, ma un fatto che ci salva.

Esattamente come una madre che non spiega al figlio le formule chimiche delle sue emozioni, o i legami psico-affettivi che gli scattano quando vuole sentirsi voluto bene, ma lo abbraccia e lo abbraccia forte. Quell’abbraccio vale più di tutti i manuali di chimica e psicologia. È questa mancanza di “fattualità” che tante volte condanna il nostro cristianesimo ad essere corretto solo teologicamente ma non realmente.

È la perversione della Verità che si mostra a noi solo nella sua forma più astratta, ma che non ha nessuna incidenza nella vita. Forse noi non saremo preparai teologicamente come il diavolo ma possiamo fare qualcosa che lui non può più fare: amare nei fatti e nella verità. Amare non è una tecnica ma una scelta. Delle volte sbagliamo anche, ma è meglio sbagliare amando che non sbagliare non amando. L’inferno è una distesa infinita di mancanza di amore. Proprio per questo è inferno.

Dal Vangelo, constatiamo come la Parola al centro della Liturgia nella Sinagoga rappresenti qualcosa di autorevole e potente. Ma vedete, è così anche nella Liturgia eucaristica. Leggere la Parola e ascoltarla nella Messa non è la stessa cosa. Nella Liturgia, la Parola compie ciò che dice. A conferma potrei citare aneddoti dalla vita dei santi, come Sant’Antonio Abate o san Francesco che entrati in chiesa avendo ascoltato la Parola del Vangelo lasciano immediatamente tutti i loro beni e seguono Gesù sulla via della povertà. Oppure potrei citarvi la testimonianza dei mistici come Santa Teresa d’Avila che vedeva nell’avvicinarsi del sacerdote all’ambone per la proclamazione del Vangelo, il volto del prete tramutarsi in quello dello stesso Gesù.

Il demonio riconosce che Gesù è il Santo di Dio, perché, dovunque andava, Gesù rimuoveva e distruggeva tutto ciò che era immondo, impuro: il male, il peccato, le infermità, la morte. Il riconoscere che Gesù è il Santo di Dio, da parte del demonio, è la dichiarazione di una coscienza lucida che sa, ma che è staccata dal cuore, che vuole il contrario. Questo conoscere il bene e la verità con la mente, e volere il contrario – questa scissione tra mente e cuore, tra verità e bene-, è la stessa rottura che il demonio ha prodotto nell’uomo. Gli uomini devono essere liberati da questo male che impedisce loro di volere il bene.

Perché quest’uomo, è diventato indemoniato? Principlamente perché non ha conservato la fede.

Cari fratelli e sorelle, allora anche oggi ritona il centro della nostra riflessione di questi giorni: conservare la fede. Senza la fede l’uomo cade nel nulla, senza la fede veniamo posseduti dalla tentazione e ci allontaniamo da Dio.

La Vergine Maria, è la più grande tra tutte le creature, perché la sua fede è rimasta granitica, perché ha conservato la fede, quella fede che avviene nel momento dell’incontro non con una idea, con un concetto filosofico, ma con il Figlio di Dio: il redentore e il salvatore degli uomini, dinanzi al quale “ogni ginocchio si pieghi, nei cieli e sulla terra”.

Quel Gesù, che passando per i villaggi sconosciuti a quel tempo della Galilea, della Giudea, dei territori oltre il Giordano, ha chiamato alla conversione tantissimi discepoli tra cui anche tante donne, che insieme alla Madre di Gesù, se cosi possiamo dire formeranno la “comunità femminile” alla sequela di Cristo.

I vangeli apocrifi, parlano dell’intensa amicizia tra Maria Maddalena e la Madre di Gesù, a tratti quasi si intravede una parentela quasi carnale, sigillata dall’amore per Cristo.

Nel Vangelo, abbiamo sentito parlare della guarigione di un indemoniato. Gli indemoniati, così come i peccatori e i lebbrosi, venivano considerati tali, perchè su di loro erano ricadute le colpe dei padri, o quantomento il loro stato era la conseguenza dell’abbandono della Torah. Altra storia invece per quanto riguarda i peccatori pubblici come le prostitute. La legge infatti permetteva di lapidarle se colte in fragrante.

Sulla storia di Maria Maddalena,  il capitolo 7 di Luca – narra la storia della conversione di un’anonima “peccatrice nota in quella città”-, colei che aveva cosparso di olio profumato i piedi di Gesù, ospite in casa di un notabile fariseo, li aveva bagnati con le sue lacrime e li aveva asciugati coi suoi capelli. Per questo motivo, Maria di Magdala è stata identificata con quella prostituta senza nome. Dunque, Maria, una prostituta redenta da Cristo. Cioè una donna ai margini della società del suo tempo per la scelta di vivere da dissoluta, incontrando Cristo, si splancano per lei le porte del cielo. Pensate quanto scandalo, ma soprattutto quanta meraviglia, per la conversione di questa donna.

Maria Maddalena fu fra coloro che maggiormente amarono Cristo. Quando giunse il tempo del Calvario, era insieme a Maria Santissima e a san Giovanni, sotto la Croce (Gv. 19,25). Non fuggì per paura come fecero i discepoli, non lo rinnegò per paura come fece il primo Papa, ma rimase presente ogni ora, dal momento della sua conversione, fino al Santo Sepolcro.

Per il Messale romano, nel giorno dedicato a Maria Maddalena,, è stata scelta la lettura del Cantico dei Cantici: “Mi alzerò e perlustrerò la città, i vicoli, le piazze, ricercherò colui che amo con tutta l’anima. L’ho cercato, ma non l’ho trovato. Mi incontrarono i vigili di ronda in città: “Avete visto colui che amo con tutta l’anima?”” (Ct. 3,2), un amore perseverante che il Signore premiò, rendendola degna di essere “apostola degli apostoli”: fu la prima ad annunciare la sua resurrezione.

Contemplando la sua storia, a noi piace pensare, secondo anche alcuni scritti antichi, che Maria di Magdala, prima di giungere al sepolcro di buon mattino era andata a trovare la Vergine Maria, la madre di Gesù, per consolarla. In quel colloquio, quasi notturno che si apriva alla prime luci dell’alba, la Vergine Maria avrebbe annunciato alla Maddalena che suo Figlio era risorto, quindi ancora incredula il suo passo divenne più celere nel percorrere la strada insieme alle altre donne verso il luogo della sepoltura di Gesù. I suoi occhi si riempiono di lacrime quando giunge al sepolcro e vede la pietra rotolata. In quegli istanti, ripensa alle parole della Madonna, e quando davanti al sepolcro giace nel pianto, sopraggiunge la voce dell’angelo che riconosce come quella del Maestro, e gli risponde: Rabbi! Rabbi!….

E se la Maddalena è “l’Apostola degli Apostoli”, la Vergine Maria è nel giorno della Resurrezione, la “Madre delle madri” e come nel giorno delle nozze di cana, ci piace pensare che abbia dato alle donne la stessa consegna che ebbe a dare ai servi: “fate quello che ti dirà”. “E per questo tutte le generazioni la chiameranno beata, in eterno e per sempre. Amen.

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Di Don Salvatore Lazzara

Don Salvatore Lazzara (1972). Presbitero dell’Arcidiocesi di Palermo, ordinato Sacerdote dal cardinale Salvatore De Giorgi il 28 giugno 1999. Ha svolto per 24 anni il suo ministero presso l’Ordinariato Militare in Italia, dove ha avuto la gioia di incontrare e conoscere tanti giovani. Ha partecipato a diverse missioni internazionali dapprima in Bosnia ed in seguito in Libano, Siria e Iraq. Ha concluso il servizio presso l’Ordinariato Militare presso la NATO-SHAPE (Bruxelles). Appassionato di giornalismo, dapprima è stato redattore del sito “Papaboys”, e poi direttore del portale “Da Porta Sant’Anna”. Ha collaborato con il quotidiano “Roma” di Napoli, scrivendo e commentando diversi eventi di attualità, politica sociale ed ecclesiale. Inoltre, ha collaborato con la rivista di geopolitica e studi internazionali on-line “Spondasud”; con la rivista ecclesiale della Conferenza Episcopale Italiana “A sua immagine”, con il quotidiano di informazione on-line farodiroma, vatican.va e vatican insider. Nel panorama internazionale si occupa della questione siriana e del Medio Oriente. Ha rivolto la sua attenzione al tema della “cristianofobia” e ai cristiani perseguitati nel mondo, nella prospettiva del dialogo ecumenico ed interreligioso con particolare attenzione agli ebrei ed ai musulmani. Conosce l’Inglese, lo Spagnolo, l’Ebraico e l’Arabo.