Gesù esce dalla sinagoga dove caccia demoni ed entra in casa dove incontra l’umanità ferita. Esce da un luogo sacro dove viene osteggiato ed entra in una umile abitazione dove viene accolto e ricercato. La potenza di Dio esce dal tempio e si aggira per le case di Galilea dove accadono miracoli e guarigioni. Gesù vuole rendere il mondo, le case, gli ambienti, luoghi di accoglienza e di misericordia. Prega nei luoghi deserti, prega nella notte. Attraversa il giorno incontrando persone, malati, bisognosi. Impone le mani nelle strade come un sacerdote nel tempio, annuncia il Regno ma mai nello stesso posto. Gesù non fa progetti a tavolino va dove la vita lo porta. Gesù serve, mentre il servirsi degli altri altri è il principio di ogni schiavitù nel male, il servire gli altri è il principio di ogni liberazione dal male. E’ nel servire che l’uomo diventa se stesso e rivela la vera identità di Dio di cui è immagine e somiglianza.

Il breve racconto della guarigione della suocera di Pietro si conclude con un insegnamento importante: “levatasi all’istante, la donna cominciò a servirli” (v.39). Qui troviamo il significato di tutto il miracolo e di tutti i miracoli. Il fatto che la suocera di Pietro si metta al servizio degli altri indica una guarigione molto più profonda di quella dalla semplice febbre del corpo. 

Con la parola “servire” il Nuovo Testamento intende l’amore fraterno concreto “non a parole, né con la lingua, ma coi fatti e nella verità” (1Gv 3,18). Questa è la caratteristica specifica e fondamentale di Gesù, lasciata in eredità ai suoi discepoli prima di morire (Lc 22,24-27; Gv 13,1-17). 

La liberazione che Gesù ha portato non ottiene il suo risultato nella semplice professione della fede, come fanno i demoni ( Lc 4,34.41; Gc 2, 9),  ma nel servire la vera liberazione dal male profondo dell’uomo, l’egoismo, che lo fa essere il contrario di Dio che è amore (1Gv 4,8.16). Alle tante domande: Chi conta veramente nella Chiesa?; con quali occhi dobbiamo leggere la storia della Chiesa?; chi dobbiamo guardare per imparare a vivere di Vangelo?

La risposta potrebbe generare scandalo e potrebbe essere questa: dovremmo riferirci a persone “insignificanti” per il mondo, ma tanto significative per i credenti, che servono con umiltà e nel nascondimento. 

Questi disceopoli di Gesù, sono la presenza viva e costante del Signore in mezzo a noi; sono i nostri maestri di vita cristiana. Anche alla fine della sua vita, Gesù chiamerà i suoi discepoli ad osservare una povera vedova che “dà tutta la sua vita” (Lc 21,4), perché imparino da lei la lezione fondamentale del suo Vangelo.

Per Gesù il malato non è un numero: “egli, imponendo su ciascuno le mani, li guariva”, inoltre Gesù si occupa del malato, non del male. Il malato non è un caso clinico o un oggetto di studio: è una persona. All’arrivo di Gesù, il demonio, che è la causa del male, è sconfitto e fugge. Il diavolo conosce la vera identità di Cristo e la proclama, ma la vera fede che salva viene solo dall’adesione del cuore all’annuncio della salvezza (Rm 10,8-10). 

Il popolo comincia a seguire Gesù, ma Gesù si sottrae da loro perché la volontà del Padre, che egli ha compreso a pieno di buon mattino nel luogo deserto dove aveva conversato filialmente col Padre suo, lo vuole altrove. Questa volontà del Padre è presentata con le parole: “Bisogna che io annunzi il regno di Dio anche alle altre città; per questo sono stato mandato”.

Il regno di Dio è esattamente il contrario del regno dell’uomo. Questo regno ci viene donato da Dio in Gesù. Esso non viene né per azione, né per evoluzione, ma solo per umile invocazione: “Venga il tuo regno” (Lc 11,12).

Convivere con lo “spirito del male” che ci tormenta, o meglio che lasciamo abitare in noi anche quando esteriormente siamo vicini al Signore, costruisce una esistenza infelice. San Luca nel libro degli Atti degli Apostoli, racconta la storia di Saffira che si inserisce in un clima di straordinaria esperienza dello Spirito nella Chiesa nascente, che ha sconvolto il mondo fino allora conosciuto. 

All’interno della Comunità, si annida sempre il germe dell’egoismo, che si sviluppa a causa della lontanza da Dio e dalla pretesa di sostiuirsi a Lui. Nel clima di comunione della prima comunità cristiana, emerge con sconcerto l’atteggiamento di Anania e Saffira, che furono complici in un piano per ingannare gli apostoli. Anania Vendette infatti un podere, ma invece di consegnare tutto agli apostoli, d’accordo con la moglie, trattenne per sé una parte, consegnando solo l’altra parte, ma facendo credere che quello fosse l’intero ricavato della vendita.

Pietro, che già ci appare come la guida illuminata e forte della Chiesa, comprese l’inganno e rimproverò aspramente Anania: il podere era suo e poteva tenerselo; una volta venduto, poteva trattenere una parte per se e questo sarebbe stato un suo diritto legittimo: ma perché invece mentire? Pietro ribatte: “tu non hai mentito agli uomini ma a Dio”. Udite queste parole, Anania cadde al suolo e morì. 

Tre ore dopo, Saffira giunse nel luogo nel quale erano riuniti gli Apostoli. Non sapeva nulla di quanto accaduto a suo marito. Pietro la interrogò, per sapere se anche lei fosse stata complice di Anania in quella menzogna. “Quindi, gli chiese san Pietro-, a quale prezzo avete venduto il campo?”. Saffira confermò la versione concordata con suo marito. Ma Pietro la riprese duramente: quindi i due si erano alleati per compiere insieme questo inganno, e anche lei voleva ingannare lo Spirito del Signore. 

Proprio in quel momento, i giovani che avevano seppellito Anania stavano tornando. Pietro, allora, con estrema severità, fa capire alla donna sciagurata la conseguenza immediata del suo peccato: “Ecco qui -disse Pietro-, alla porta i passi di coloro che hanno seppellito tuo marito e porteranno via anche te”. Ascoltate le parole di Pietro anche Saffira cadde a terra e morì. 

L’atteggiamento di Anania e Saffira era invece ispirato ad egoismo e dalla volontà di fare figura, pretendendo una generosità che non c’era. Sarebbe stato già bello donare una parte di quello che avevano guadagnato. Pretendere di dare tutto mentre si dava soltando un po’ è diventato un inganno, che, data la ragione dell’offerta, era in diretta offesa a Dio stesso. Saffira avrebbe potuto e dovuto dissuadere suo marito dal compiere l’inganno; avrebbe potuto e dovuto confessare a Pietro la bugia detta. Non l’ha fatto, purtroppo ed è morta con la sua colpa. 

Chiediamo alla Vergine Maria, di conservare la fede, per non cadere nella trappola del peccato e della morte. 

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Di Don Salvatore Lazzara

Don Salvatore Lazzara (1972). Presbitero dell’Arcidiocesi di Palermo, ordinato Sacerdote dal cardinale Salvatore De Giorgi il 28 giugno 1999. Ha svolto per 24 anni il suo ministero presso l’Ordinariato Militare in Italia, dove ha avuto la gioia di incontrare e conoscere tanti giovani. Ha partecipato a diverse missioni internazionali dapprima in Bosnia ed in seguito in Libano, Siria e Iraq. Ha concluso il servizio presso l’Ordinariato Militare presso la NATO-SHAPE (Bruxelles). Appassionato di giornalismo, dapprima è stato redattore del sito “Papaboys”, e poi direttore del portale “Da Porta Sant’Anna”. Ha collaborato con il quotidiano “Roma” di Napoli, scrivendo e commentando diversi eventi di attualità, politica sociale ed ecclesiale. Inoltre, ha collaborato con la rivista di geopolitica e studi internazionali on-line “Spondasud”; con la rivista ecclesiale della Conferenza Episcopale Italiana “A sua immagine”, con il quotidiano di informazione on-line farodiroma, vatican.va e vatican insider. Nel panorama internazionale si occupa della questione siriana e del Medio Oriente. Ha rivolto la sua attenzione al tema della “cristianofobia” e ai cristiani perseguitati nel mondo, nella prospettiva del dialogo ecumenico ed interreligioso con particolare attenzione agli ebrei ed ai musulmani. Conosce l’Inglese, lo Spagnolo, l’Ebraico e l’Arabo.