La pastorale familiare dovrebbe essere una delle principali preoccupazioni di una comunità ecclesiale, diocesana o parrocchiale che sia. Se la famiglia è Chiesa domestica, luogo della prima evangelizzazione e cellula della società, allora è alla famiglia che bisogna guardare ed è alla famiglia che si devono dedicare i propri sforzi.

Viviamo un tempo in cui il modello familiare cristiano, così come lo abbiamo conosciuto per secoli, non è più un paradigma. Aumenta il numero dei divorzi, anche fra i cattolici; di persone separate che formano nuove famiglie, con figli di genitori diversi che si ritrovano a vivere nel medesimo nucleo familiare; di giovani che optano per la convivenza piuttosto che per la celebrazione del sacramento.

Una realtà molto varia che merita attenzione, sensibilità e grande rispetto: parliamo del vissuto personale di tantissime persone che possono aver sofferto e aver bisogno di accoglienza e comprensione, non certo di veloci giudizi o facili condanne.

Per questo è importante che la Chiesa continui a interrogarsi, in modo profondo, sulla famiglia di oggi, sui suoi problemi, sulle sfide che l’attendono giorno dopo giorno ed è alla pastorale familiare che dedichiamo questa terza puntata della rubrica “Proposte alla Chiesa di Palermo”.

La famiglia e le sue sfide

Non tutte le coppie vanno in crisi ma questo non significa che le famiglie che restano unite non abbiano problemi o non debbano affrontare difficoltà di varia natura. Possono essere sociali, economiche, riguardare la salute fisica e mentale, l’educazione dei figli, la cura di genitori anziani e ammalati.

Le sfide che la famiglia di oggi si trova ad affrontare sono molteplici e alla comunità ecclesiale si richiede un doppio impegno: da un lato il sostegno umano, dall’altro un lavoro pastorale che porti a riscopire il valore del matrimonio cristiano.

Attività parcellizzate

Il rischio più concreto è la parcellizzazione delle attività pastorali dedicate alle famiglie. Prendiamo i corsi pre-matrimoniali, organizzati in quasi tutte le parrocchie: alcuni durano pochi giorni, altri diversi mesi, con programmi e modalità profondamente differenti, non tutti affidati a operatori adeguatamente preparati. Trovare forme e metodi comuni, magari anche accorpando alcuni percorsi, sarebbe già un primo passo.

Poi ci sono le attività svolte per chi è già sposato. Esistono numerosi gruppi, pensati per lo più per le famiglie in difficoltà, ma spesso poco conosciuti o pubblicizzati nonostante gli ammirevoli sforzi a livello diocesano, che si concretizzano in progetti e molteplici attività aperte a tutti.

Alcune parrocchie preferiscono “fare da sé” e organizzare iniziative in proprio, riservate alla propria comunità, incentrate più sulle famiglie in senso generale e non solo su quelle in crisi, che costituiscono magari lo “zoccolo duro” su cui costruire una comunità.

Sia chiaro, non è sbagliato promuovere attività pastorali ma il rischio è che queste si moltiplichino senza un filo conduttore, prive di un denominatore comune. Il risultato è che, molto spesso, le famiglie non vengono nemmeno informate delle attività diocesane, di cui ignorano l’esistenza.

Oppure una coppia deve ritenersi fortunata se nella propria comunità d’appartenenza si svolge un’attività dedicata alle famiglie, altrimenti il rischio è di restare fuori da percorsi ad hoc.

Qualche proposta

La famiglia deve tornare al centro delle attività pastorali, sia a livello diocesano che parrocchiale: non si tratta, ovviamente, di affermare principi e modelli ma di dedicare tempo ed energie a chi, oggi, si trova di fronte a difficoltà non indifferenti e non solo di coppia.

I corsi pre-matrimoniali devono offrire l’opportunità di prendere realmente coscienza di cosa sia e cosa significhi il sacramento del matrimonio, senza avere l’ossessione di confezionare “corsi lampo” che lasciano il tempo che trovano.

Le famiglie, non solo quelle in difficoltà, vanno accompagnate a una sana vita di coppia, all’educazione dei figli, a diventare luoghi di evangelizzazione in cui si possa fare concretamente esperienza dell’amore di Dio. Aiutate quando vanno in crisi, non abbandonate quando si disfano e riemergono sotto nuove forme che comunque sono presenti nella società.

E per farlo serve un progetto pastorale che faccia “rete” con parroci e parrocchie, che porti le famiglie a conoscere le realtà che già operano nella nostra Chiesa particolare, riportando la pastorale familiare al centro della vita diocesana.

Per approfondire

Proposte alla Chiesa di Palermo/7: catechisti, accoliti e lettori

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Proposte alla Chiesa di Palermo/5: il ruolo dei laici

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Di Roberto Immesi

Giornalista, collabora con Live Sicilia, è Revisore dei Conti dell’Ordine dei Giornalisti di Sicilia e Membro dell’Unione Cattolica Stampa Italiana (UCSI), sezione di Palermo.