di Caterina Caccamo* e Roberto Immesi
* (Docente di Scienze naturali, chimiche e biologiche; laureata in Biotecnologie mediche e medicina molecolare)

Quando si parla di pastorale familiare quasi automaticamente si pensa alle famiglie in crisi, a quelle che devono affrontare la sfida educativa dei figli o alle coppie che devono ancora sposarsi. Raramente si prende in considerazione la situazione di chi, per vari motivi, trova difficoltà ad avere un figlio.

Una condizione che riguarda molte più persone di quanto si immagini e che, potendo dipendere da una molteplicità di fattori, implica percorsi diversi a seconda dei casi. Quello che fa da comune denominatore sono i sentimenti di attesa, ansia, spesso sofferenza che comporta un desiderio di genitorialità che non riesce a realizzarsi.

Le coppie si rivolgono così alla scienza che, oggi, offre diverse opzioni, se così possiamo definirle: alcune moralmente lecite, altre no. Il punto è che si tratta di un tema in cui è difficile districarsi, senza avere conoscenze mediche adeguate, e lo è ancor di più per quanto riguarda la fede.

La procreazione assistita è accettata dalla Chiesa? E se sì, in quali casi? O in quali forme? Domande a cui gli sposi sovente non riescono a trovare risposta: non tutti hanno dimestichezza con i documenti magisteriali, non tutti riescono a cogliere alcune differenze che però si rivelano sostanziali.

E’ questo il tema della quarta puntata della rubrica “Proposte alla Chiesa di Palermo”, uno spazio offerto da Portadiservizio per elaborare idee e contributi che guardino all’oggi e al domani della nostra comunità ecclesiale.

La procreazione medicalmente assistita (Pma)

Diciamo subito che non sempre è possibile individuare la causa di un’infertilità, sia nell’uomo che nella donna, anche se la medicina in questi ultimi decenni ha fatto passi da gigante. Oggi ci sono diversi esami a cui è possibile sottoporsi e, in base all’esito, anche varie cure.

In alcuni casi, però, questo non è sufficiente e si ricorre quindi alla procreazione assistita. Senza addentrarci in tecnicismi scientifici, possiamo dire che ce ne sono di tre tipi: Iui (inseminazione intrauterina) che rappresenta il primo livello; Fivet o Icsi (fecondazione in vitro) che rappresentano il secondo livello.

La Iui consiste nell’inserimento, tramite catetere, degli spermatozoi direttamente in utero; la Fivet e la Icsi, invece, prevedono che la fecondazione, ossia l’incontro tra ovocita e spermatozoo, avvenga in vitro, cioè al di fuori del corpo femminile. Per ogni tecnica, la coppia viene preparata secondo specifici protocolli stabiliti dal medico e che variano a seconda delle esigenze del caso.

La Fivet e la Icsi possono comportare anche la fecondazione di più embrioni; non è detto che tutti vengano impiantati e quindi spesso si ricorre alla crioconservazione, cioè al loro congelamento.

Non sempre però queste informazioni arrivano in modo completo: a volte per la mancanza di adeguati strumenti culturali, altre volte perché non sempre i medici illustrano in modo completo e puntuale le tecniche e i possibili effetti, anche collaterali.

Un settore che non è gestito solo dalla sanità pubblica e per il quale le coppie che trovano difficoltà nel concepimento, spinte dal desiderio di un figlio, possono sostenere spese economiche anche ingenti.

Cosa dice la Chiesa

Ma quale procreazione medicalmente assistita è moralmente accettabile, per i cattolici? L’istruzione “Dignitas personae” della Congregazione per la Dottrina della fede (2008), che è un aggiornamento della “Donum vitae” di vent’anni prima, conferma alcuni principi fondamentali: la difesa della vita e della dignità della persona sin dal concepimento, la scienza come servizio al bene integrale dell’essere umano, l’unità del matrimonio, il valore della sessualità come espressione dell’amore.

La Chiesa non rifiuta le tecniche che si presentano “come un aiuto alla procreazione” ma le valuta in relazione al rispetto della dignità della persona, al concetto della vita come dono e non come pretesa.

Da qui il no alle tecniche eterologhe (donatore esterno o maternità surrogata) o omologhe (all’interno della coppia) che si sostituiscono all’atto coniugale e il sì a quelle che invece sono “un aiuto alla fecondità”. Quindi l’inseminazione artificiale omologa è ammessa solo se non sostitutiva dell’atto sessuale, mentre sono escluse le tecniche come Fivet e Icsi. Netta l’opposizione all’eliminazione volontaria degli embrioni.

“La Chiesa riconosce la legittimità del desiderio di un figlio, e comprende le sofferenze dei coniugi afflitti da problemi di infertilità – si legge in Dignitas personae al numero 16 -. Tale desiderio non può però venir anteposto alla dignità di ogni vita umana, fino al punto di assumerne il dominio. Il desiderio di un figlio non può giustificarne la ‘produzione’, così come il desiderio di non avere un figlio già concepito non può giustificarne l’abbandono o la distruzione”.

La proposta

Parliamo di un tema complesso e difficilmente riassumibile in poche righe, ma dirimente per la vita di tante coppie cattoliche. Alcune, magari non consapevolmente, ricorrono a forme di procreazione non accettate dalla Chiesa; altre, seppur credenti, si ritrovano da sole di fronte alla terribile scelta tra la fede e il desiderio di diventare genitori.

In ogni caso è necessario accompagnare umanamente e spiritualmente queste coppie con tatto, sensibilità e competenza, mettendole nelle condizioni di avere ben chiare le strade che si prospettano e le relative implicazioni anche morali.

Il punto è che un accompagnamento di questo tipo, che richiede peraltro un continuo aggiornamento per stare al passo col progresso scientifico, non può essere affidato unicamente ai parroci. Perché non immaginare allora gruppi di lavoro formati da sacerdoti, diaconi, esperti di morale e bioetica, catechisti, medici, biologi che possano agire su più livelli: informativo con la redazione di documenti e opuscoli; formativo, specie per i corsi pre-matrimoniali; di sostegno umano e di fede.

Delle équipe a livello diocesano ma a disposizione delle parrocchie che colmino la mancanza di un’adeguata formazione e informazione che metterebbero tante coppie nella condizione di operare scelte quantomeno più consapevoli, pur nella libertà personale e di coscienza.

Per approfondire

Proposte alla Chiesa di Palermo/3: la pastorale familiare

Proposte alla Chiesa di Palermo/2: la pastorale giovanile

Proposte alla Chiesa di Palermo/1: una “nuova” parrocchia

Proposte alla Chiesa di Palermo, un contributo di idee

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