Quello del ministro straordinario della santa comunione è uno dei servizi più diffusi nelle nostre parrocchie eppure, spesso, non compreso o considerato pienamente nella sua importanza. Un ministero “di fatto” ma conferito dal vescovo, legato alla propria comunità eppure con una rilevanza ecclesiale che va ben oltre le mura della parrocchia.

Nella nostra arcidiocesi si contano quasi 2 mila ministri con un’importante presenza femminile, dovuta anche al fatto che, fino all’apertura alle donne di quelli istituiti, il ministero straordinario era l’unico accessibile a entrambi i generi.

Una figura che rappresenta, spesso, il punto di contatto più vicino e immediato tra l’ammalato e la Chiesa, ma anche tra la famiglia dell’ammalato e la parrocchia e il cui compito, quindi, non si limita, se così si può dire, alla distribuzione della comunione ma è anche un ministero di prossimità, consolazione, catechesi.

E’ questo il tema della sesta puntata di “Proposte alla Chiesa di Palermo”, la rubrica di Portadiservizio dedicata a idee e contributi per la diocesi in vista dell’incipiente anno pastorale.

Un ministero, due ambiti

Il ministro straordinario della santa comunione opera in due ambiti, quello più propriamente liturgico e quello, non meno importante, della cura pastorale degli infermi. La sua “straordinarietà” sta nel fatto che interviene in caso di necessità: durante la santa Messa, se il numero di coloro che distribuiscono la comunione non è sufficiente, o portando il santissimo Sacramento agli anziani e agli ammalati, se il parroco non riesce a farlo.

La pratica però ci dice che i ministri straordinari in realtà sono molto ordinari, almeno per quanto riguarda la comunione agli infermi. I parroci, saturi di impegni, spesso visitano gli ammalati della parrocchia nei tempi liturgici forti, a ridosso del Natale e della Pasqua, demandando ai ministri il compito di visitarli settimanalmente.

I ministri, a casa dell’assistito, celebrano una liturgia della Parola che segue spesso schemi molto rigidi e non adattati ai tempi liturgici, con formule eucologiche praticamente uguali tutto l’anno, non offrendo a chi vi partecipa una percezione chiara del progredire dell’anno liturgico.

Catechista e amico

Un ministro straordinario non si limita a celebrare una liturgia e spesso rappresenta per l’assistito, in particolar modo per coloro che vivono da soli, una persona con cui parlare, a cui raccontare le proprie giornate, a cui confidare paure e timori, con cui sfogarsi, a cui rivolgersi per i piccoli problemi quotidiani.

Ma il ministro è in sé anche un “catechista”, nel senso più bello del termine. Tante volte risponde a domande dell’ammalato o dei familiari sulla fede, su quanto accade nella Chiesa, divenendo annunciatore del Vangelo anche in contesti di sofferenza.

Egli ha il compito, tra gli altri, di mantenere vivo il rapporto tra la comunità ecclesiale e chi, per l’età avanzata o motivi di salute, non può fisicamente frequentarla ma se ne sente, a pieno titolo, parte integrante.

Un efficace discernimento

L’esperienza può suggerire alcuni quindi alcune proposte per l’oggi e per il domani. Anzitutto a partire dalla scelta di coloro che devono divenire ministri straordinari: un compito così delicato non può essere affidato a chi ha semplicemente del tempo a disposizione ma va svolto da persone preparate, disponibili a una continua formazione non solo liturgica, che abbiano ben chiaro che questo ministero va svolto tutto l’anno, estate compresa, e in giorni tradizionalmente dedicati al riposo.

L’ammalato deve sentirsi parte integrante della comunità ecclesiale che si riunisce la domenica, il giorno del Signore, attorno alla mensa eucaristica; è evidente, quindi, che non ha molto senso portare la comunione con giorni di anticipo, né è pastoralmente corretto “saltare” settimane solo perché è estate, quando basterebbe organizzarsi fra i ministri di una stessa parrocchia.

Fare “rete”

Proprio perché parliamo di un servizio che non è solo liturgico ma anche di prossimità e consente di entrare in contatto con realtà che altrimenti resterebbero lontane, sarebbe auspicabile una collaborazione più stretta con le strutture caritatevoli. A volte l’anziano che vive da solo ha anche bisogni più materiali, non necessariamente economici.

In alcuni casi, poi, il ministro accompagna l’assistito e la famiglia nel percorso di una malattia, anche fino alla morte. Un ruolo delicato che richiede una adeguata e specifica formazione e suggerisce un più stretto coordinamento con la pastorale della salute.

Infine sarebbe auspicabile rinsaldare il rapporto tra la comunità parrocchiale e chi, pur non potendola frequentare fisicamente, ne rimane parte integrante. Le visite agli ammalati, non solo degli operatori pastorali ma anche di famiglie e bambini, esprimerebbero pienamente la presenza della comunità per i suoi figli più in difficoltà.

Alcune proposte

Inoltre, in occasione dei tempi liturgici più forti, si potrebbero adattare le liturgie della Parola realizzando specifici sussidi diocesani: in Avvento, a Natale, in Quaresima, a Pasqua, per solennità come Epifania e Pentecoste, in vista del Giubileo o dell’anno della preghiera, sfruttando le possibilità offerte dal Messale.

In Avvento si potrebbero realizzare piccole “corone” da usare a casa degli ammalati, poi regalandole loro, o usare candele viola decorate da accendere durante le liturgie. In Quaresima si potrebbe chiedere agli assistiti (a chi ovviamente ne è in condizione) di realizzare i “sepolcri” da portare in parrocchia per il Giovedì Santo, centrando un duplice obiettivo: farli sentire parte attiva della comunità e ricordare alla comunità che una sua componente, seppur non presente fisicamente, lo è con la preghiera.

O perché non chiedere a chi non può muoversi da casa, e si dedica con più intensità all’orazione, di scrivere pensieri e intenzioni da usare in parrocchia per le adorazioni eucaristiche o le vie crucis? O chiedere loro di pregare il rosario allo stesso orario in cui lo si fa in parrocchia, spiegando loro che in questo modo si pregherà insieme, seppur lontani?

Per approfondire

Proposte alla Chiesa di Palermo, un contributo di idee

Comunione agli ammalati/1, un ministero da riscoprire

Comunione agli ammalati/2, se sono loro ad aiutarci

Comunione agli ammalati/3, un’esperienza ecclesiale

Proposte alla Chiesa di Palermo/4, la procreazione assistita

Proposte alla Chiesa di Palermo/5: il ruolo dei laici

Proposte alla Chiesa di Palermo/7: catechisti, accoliti e lettori

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Di Roberto Immesi

Giornalista, collabora con Live Sicilia, è Revisore dei Conti dell’Ordine dei Giornalisti di Sicilia e Membro dell’Unione Cattolica Stampa Italiana (UCSI), sezione di Palermo.