La domanda dei farisei è maliziosa: a loro non interessa nulla l’opinione di Gesù sul tema del divorzio, la loro unica intenzione è incasellare il maestro. Il loro obbiettivo, infatti, è obbligarlo a schiararsi a favore dei conservatori o dei progressisti. Vogliano mostrare alla folla che Gesù è uno come gli altri, che non ha nulla di speciale, che anche lui, alla fine, deve schierarsi a destra o a sinistra. Ma il maestro, come sempre, sposta il problema e spiazza i farisei proponendo una prospettiva nuova.
È vero: Mosè permise di scrivere l’atto di ripudio e di rimandare la moglie, ma lo fece – passatemi l’espressione – per limitare i danni. Gesù ci invita a contemplare la scintilla iniziale del progetto creativo del Padre, quell’eccedenza appassionata d’amore che sta all’origine della creazione. L’alleanza matrimoniale, che troviamo nelle prime pagine della Genesi, non rappresenta una nostalgica memoria del passato, ma una profezia feconda per l’oggi. Non si narra di qualcosa che abbiamo definitivamente perso, ma di quello che possiamo vivere e sperimentare nel presente. Gesù ci ricorda che Dio consegna alla coppia il compito di trascrivere nel mondo il Suo amore fedele, fecondo e appassionato.
Dunque in sintesi possiamo dire che in questa domenica, il Vangelo ci presenta le parole di Gesù sul matrimonio. A chi gli domandava se fosse lecito al marito ripudiare la propria moglie, come prevedeva un precetto della legge mosaica (cfr Dt 24, 1), Egli rispose che quella era una concessione fatta da Mosè a motivo della “durezza del cuore”, mentre la verità sul matrimonio risaliva “all’inizio della creazione”, quando “Dio li creò maschio e femmina; per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre e i due saranno una carne sola” (Mc 10, 6-7; cfr Gn 1, 27; 2, 24).
E Gesù aggiunse: “Sicché non sono più due, ma una carne sola. L’uomo dunque non separi ciò che Dio ha congiunto” (Mc 10, 8-9). È questo il progetto originario di Dio, come ha ricordato anche il Concilio Vaticano II nella Costituzione Gaudium et spes: “L’intima comunione di vita e di amore coniugale, fondata dal Creatore e strutturata con leggi proprie, è stabilita dal patto coniugale… Dio stesso è l’autore del matrimonio” (n. 48).
La Liturgia della Parola, quest’oggi ci fa rivolgere il nostro pensiero a tutti gli sposi cristiani. Ringraziamo il Signore per il dono del Sacramento del matrimonio, e seguendo l’insegnamento di Gesù, li invitiamo a mantenersi fedeli alla vocazione matrimoniale in ogni stagione della vita, “nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia”, come promesso nel rito sacramentale.
Consapevoli della grazia ricevuta, possano i coniugi cristiani costruire una famiglia aperta alla vita e capace di affrontare unita le molte e complesse sfide di questo nostro tempo. C’è oggi particolarmente bisogno della loro testimonianza. C’è bisogno di famiglie che non si lascino travolgere da moderne correnti culturali ispirate all’edonismo, all’egocentrismo e al personalismo emotivo, e siano pronte piuttosto a compiere con generosa dedizione la loro missione nella Chiesa e nella società.
Nell’Esortazione apostolica Familiaris consortio, Giovanni Paolo II ha scritto che “il sacramento del matrimonio costituisce i coniugi e i genitori cristiani testimoni di Cristo “fino agli estremi confini della terra”, veri e propri “missionari” dell’amore e della vita” (cfr n. 54). Questa missione è diretta sia all’interno della famiglia – specialmente nel servizio reciproco e nell’educazione dei figli -, sia all’esterno: la comunità domestica, infatti, è chiamata ad essere segno dell’amore di Dio verso tutti. È missione, questa, che la famiglia cristiana può portare a compimento solo se sorretta dalla grazia divina. Per questo è necessario pregare senza mai stancarsi e perseverare nel quotidiano sforzo di mantenere gli impegni assunti il giorno del matrimonio.
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