Oggi abbiamo celebriamo con gioia la solennità di Tutti i Santi. Papa Benedetto XVI scriveva: «Questa festa ci fa riflettere sul duplice orizzonte dell’umanità, che esprimiamo simbolicamente con le parole “terra” e “cielo”: la terra rappresenta il cammino storico, il cielo l’eternità, la pienezza della vita in Dio. E così questa festa ci fa pensare alla Chiesa nella sua duplice dimensione: la Chiesa in cammino nel tempo e quella che celebra la festa senza fine, la Gerusalemme celeste. Queste due dimensioni sono unite dalla realtà della “comunione dei santi”: una realtà che comincia quaggiù sulla terra e raggiunge il suo compimento in Cielo.

Nel mondo terreno, la Chiesa è l’inizio di questo mistero di comunione che unisce l’umanità, un mistero totalmente incentrato su Gesù Cristo: è Lui che ha introdotto nel genere umano questa dinamica nuova, un movimento che la conduce verso Dio e al tempo stesso verso l’unità, verso la pace in senso profondo. Gesù Cristo – dice il Vangelo-, è morto “per riunire insieme i figli di Dio dispersi”, e questa sua opera continua nella Chiesa che è inseparabilmente “una”, “santa” e “cattolica”. Essere cristiani, far parte della Chiesa significa aprirsi a questa comunione, come un seme che si schiude nella terra, morendo, e germoglia verso l’alto, verso il cielo.

I Santi – quelli che la Chiesa proclama tali, ma anche tutti i santi e le sante che solo Dio conosce, e che oggi pure celebriamo – hanno vissuto intensamente questa dinamica. In ciascuno di loro, in modo molto personale, si è reso presente Cristo, grazie al suo Spirito che opera mediante la Parola e i Sacramenti. Infatti, l’essere uniti a Cristo, nella Chiesa, non annulla la personalità, ma la apre, la trasforma con la forza dell’amore, e le conferisce, già qui sulla terra, una dimensione eterna. In sostanza, significa diventare conformi all’immagine del Figlio di Dio (cfr Rm 8,29), realizzando il progetto di Dio che ha creato l’uomo a sua immagine e somiglianza.

Ma questo inserimento in Cristo ci apre – come avevo detto – anche alla comunione con tutti gli altri membri del suo Corpo mistico che è la Chiesa, una comunione che è perfetta nel “Cielo”, dove non c’è alcun isolamento, alcuna concorrenza o separazione. Nella festa di oggi, noi pregustiamo la bellezza di questa vita di totale apertura allo sguardo d’amore di Dio e dei fratelli, in cui siamo certi di raggiungere Dio nell’altro e l’altro in Dio. Con questa fede piena di speranza noi veneriamo tutti i santi, e ci prepariamo a commemorare domani i fedeli defunti. Nei santi vediamo la vittoria dell’amore sull’egoismo e sulla morte: vediamo che seguire Cristo porta alla vita, alla vita eterna, e dà senso al presente, ad ogni attimo che passa, perché lo riempie d’amore, di speranza. Solo la fede nella vita eterna ci fa amare veramente la storia e il presente, ma senza attaccamenti, nella libertà del pellegrino, che ama la terra perché ha il cuore in Cielo».

In questa prospettiva, la Liturgia della Parola presenta alla meditazione dei fedeli, il Vangelo delle beatitudini, quasi a significare che quelle parole di Gesù, sono la bussola di un cammino per far risplendere nel mondo il regno di Dio.

Dal racconto delle beatitudini secondo Matteo, possiamo vedere plasticamente grandi folle che seguivano Gesù, dalla Galilea, dalla Decapoli, da Gerusalemme, dalla Giudea e da oltre il Giordano. In una sua riflessione Roberta Simini scrive: «Tutti speravano in un miracolo, una guarigione, una parola di conforto. Di fronte a questa moltitudine carica di ansie, di sofferenze e di speranze Gesù non fugge, non è una fuga il suo salire sul monte, non nasce dal desiderio di solitudine, come in altri casi, ma dall’esigenza di insegnare, ancora una volta di indicare una via, che potesse essere percorsa, dai suoi discepoli, quando Lui sarebbe tornato al Padre.

I Padri della Chiesa insegnano che Gesù parlava alle folle stando in piedi, ma ai discepoli, già avanzati nel cammino di fede parlava restando seduto, come tra amici. L’Evangelista Matteo, quindi, sottolinea il gesto del mettersi a sedere del maestro creando una sorta di contrapposizione tra le folle e suoi più intimi, quasi per dirci che quel discorso non è per tutti, ma per coloro che intraprendono un cammino di perfezione.

Se questo fosse vero, perché allora Matteo l’avrebbe scritto in un libro diretto alla sua comunità e quindi a tutti i cristiani? Gesù si siede e parla al nostro cuore, quello che dice non è facile da capire e ancor meno da mettere in pratica e Lui lo sa, per questo si siede, ci vuole pazienza e Lui sa averne, il cammino è difficile, ma Lui sa donare la forza necessaria, vuole rassicurarci, il Maestro si è seduto, depone la verga, non è tra i discepoli con tono inquisitorio, non sta scrutando le loro coscienze, le conosce bene, ci conosce bene, sa di che pasta siamo fatti, sa che sta indicando una via difficile, ma anche che è l’unica via per la salvezza, per vivere meglio, per vivere da uomini nuovi. Egli inizia il suo discorso senza inutili preamboli, entrando direttamente nel cuore della questione: cosa devo fare per essere felice, per avere la vita eterna? Domanda non posta esplicitamente da alcuno, in quella precisa circostanza, ma presente sempre nel cuore e nella mente di quanti avevano scelto di seguirlo».

E noi, a che punto siamo nel nostro cammino verso il Signore nello spirito delle beatitudini?

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Di Don Salvatore Lazzara

Don Salvatore Lazzara (1972). Presbitero dell’Arcidiocesi di Palermo, ordinato Sacerdote dal cardinale Salvatore De Giorgi il 28 giugno 1999. Ha svolto per 24 anni il suo ministero presso l’Ordinariato Militare in Italia, dove ha avuto la gioia di incontrare e conoscere tanti giovani. Ha partecipato a diverse missioni internazionali dapprima in Bosnia ed in seguito in Libano, Siria e Iraq. Ha concluso il servizio presso l’Ordinariato Militare presso la NATO-SHAPE (Bruxelles). Appassionato di giornalismo, dapprima è stato redattore del sito “Papaboys”, e poi direttore del portale “Da Porta Sant’Anna”. Ha collaborato con il quotidiano “Roma” di Napoli, scrivendo e commentando diversi eventi di attualità, politica sociale ed ecclesiale. Inoltre, ha collaborato con la rivista di geopolitica e studi internazionali on-line “Spondasud”; con la rivista ecclesiale della Conferenza Episcopale Italiana “A sua immagine”, con il quotidiano di informazione on-line farodiroma, vatican.va e vatican insider. Nel panorama internazionale si occupa della questione siriana e del Medio Oriente. Ha rivolto la sua attenzione al tema della “cristianofobia” e ai cristiani perseguitati nel mondo, nella prospettiva del dialogo ecumenico ed interreligioso con particolare attenzione agli ebrei ed ai musulmani. Conosce l’Inglese, lo Spagnolo, l’Ebraico e l’Arabo.