Oggi 2 novembre ricordiamo i nostri morti. Li ricordiamo portando un fiore al cimitero, nella preghiera, o ancora, rivolgendo loro un semplice pensiero per ciò che sono stati.

Oggi è una di quelle giornate che pongono le domande sul senso della vita. Perché siamo nati, se poi dobbiamo morire? Dove vanno coloro che abbiamo amato? Come rimanere in piedi davanti alla morte di mamme, padri, sorelle, fratelli, amici… figli.

Che senso ha nascere, vivere, combattere ogni giorno nelle dinamiche della nostra esistenza, se alla fine comunque si deve morire?

Eppure sono qui i nostri cari! Li teniamo ancora vivi nei nostri ricordi! Mio padre con i suoi meravigliosi occhi azzurri, con la sua voce, il suo sorriso. Mia nonna dolce e premurosa! Li potremmo descrivere tutti, uno per uno, i nostri morti, perché sono dentro di noi e niente mai ci separerà da loro.

Un testo biblico, della letteratura sapienziale, pone delle domande e si dà delle risposte a proposito del senso della vita. Tutto è vanità? Non c’è nulla di nuovo sotto il sole? La morte avrà l’ultima parola su tutto e su tutti?

In un tempo, come è il nostro, nel quale si fatica a trovare il senso dell’esistenza – e forse abbiamo pesino smesso di cercarlo – appare difficile rispondere a queste domande. Perché rispondere a queste domande significa parlare di Dio. Soltanto la fede, infatti, può aiutarci a comprendere il senso ultimo della vita. 

Oggi celebriamo non solo una memoria liturgica legata a coloro che amavano e che non sono più su questa terra, ma celebriamo una liturgia che ci ricorda che nulla di ciò che abbiamo amato è andato perduto. Non siamo nati per la morte, siamo nati per la vita, se la morte esiste è solo perché è un passaggio.

Moriremo, ma il nostro segno resterà anche in futuro, creando quello che chiamiamo umanità.

È il segno che lasceremo, che renderà la nostra esistenza colma di significato. È l’amore che abbiamo donato, attraverso i nostri gesti, che porterà frutto nella vita di coloro che abbiamo incontrato. Ognuno di noi deve lasciare il proprio segno anche se piccolo.

“Credere negli esseri umani che hanno il coraggio di essere umani”, recita una canzone. Allora sì, che ogni singola esistenza troverà il suo significato, unita alla vita di tutti gli altri, nella continuità del tempo e della storia.

Il tempo non può solo consumarci, senza che attraverso di esso ci avviamo a qualcosa di più grande. Esiste una presenza che va al di là del corpo, una presenza che è più preziosa di ciò che vediamo. Perché non dovrei più pensarti? Soltanto perché non ti vedo?

Il tempo, per manifestarsi, cerca i nostri corpi, e da lì ci accorgiamo che sta scorrendo.  L’amore è eterno, è l’unica forza che si può contrapporre al vuoto lasciato da chi è morto. E così, in questa dimensione, nell’intimo di ciascuno di noi, i nostri cari morti sono ancora presenti!

Segui Porta di Servizio

Seguici sul nostro canale WhatsApp oppure qui t.me/portadiservizio sul gruppo Telegram.

Di Adele Di Trapani

Giornalista, collabora con “Radio Spazio Noi”, l’emittente radiofonica dell’Arcidiocesi di Palermo. Docente di Teologia Morale, fa parte anche dell’Unione Cattolica Stampa Italiana (UCSI), sezione di Palermo.