Il titolo degli “Eremiti” deriva dalla storpiatura linguistica di “Sant’Ermete”, il convento fondato da Gregorio Magno nel VI secolo, dalla quale originaria struttura (andata in rovina) venne poi edificato – per volontà di Ruggero II, nel 1148 – l’attuale complesso di San Giovanni degli Eremiti, caratterizzato da cinque cupole rossastre (di matrice arabo-normanna).
Si tratta di uno dei monumenti-simbolo della città di Palermo che, nonostante il tempo, mantiene inalterata la sua bellezza, e che vi raccontiamo oggi attraverso gli scatti fotografici (altrettanto belli) del professor Baldo Lo Cicero.
Affidata ai monaci Benedettini la chiesa di San Giovanni degli Eremiti – come riporta Giuseppe Bellafiore – «risulta dalla giustapposizione di corpi cubici cupolati sistemati secondo una pianta a croce commissa. Si tratta di un geniale adattamento ad esigenze funzionali cristiane di un elemento edilizio, la qubba, tipicamente musulmano. Ciò attesta chiaramente che la costruzione può ascriversi ad architetti e maestranze islamiche allora operanti in Sicilia a servizio dei re cristiani» (Palermo. Guida della Città e dei dintorni).
Annesso alla chiesa, vi è il Chiostro, di forma rettangolare, con gli archi a sesto acuto su colonnine binate, la cui datazione sembra risalga al XIII secolo.
Perché le cupole sono rosse
Dicevamo all’inizio che il complesso di San Giovanni degli Eremiti fu edificato in epoca normanna, tra il 1130 e il 1148, sotto il regno di Ruggero II, e restaurato nel 1882 da Giuseppe Patricolo.
A tal proposito va ricordato il singolare dettaglio che portò l’architetto Patricolo a dipingere di rosso le cinque cupole del monumentale edificio, lasciando tuttavia irrisolto, ancora oggi, il fatto che – secondo alcuni studiosi – in origine, tali cupole non fossero state colorate.
In fase di restaurazione – come attestato in un documento da Giuseppe Patricolo -nelle cupole «fu riprodotto il colore rosso cupo di un avanzo di intonaco rinvenuto sul posto, simile in tutto a quello che pure si rinvenne nella cupola di Santa Maria dell’Ammiraglio ed in quelle di San Cataldo: i quali resti si conservano nell’archivio del Commissariato degli Scavi e dei Musei di Sicilia».
Foto: © Baldo Lo Cicero
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