Oggi, nel salone Lavitrano del Palazzo arcivescovile di Palermo, si è svolto l’incontro formativo per i giornalisti, intitolato “Comunicare la speranza raccontando la città che parla”.
Organizzato dall’Ufficio diocesano per le Comunicazioni Sociali in collaborazione con l’UCSI (Unione Cattolica Stampa Italiana) e l’Ordine dei Giornalisti di Sicilia, l’incontro si inserisce nel contesto del Giubileo della Speranza indetto da Papa Francesco.
Ha aperto i lavori l’Arcivescovo di Palermo, monsignor Corrado Lorefice, sottolineando l’importanza di dar voce agli uomini e alle donne della città e raccontare le loro storie, accogliendo le loro grida, troppo spesso trascurate. Ha esortato i giornalisti presenti a prestare particolare attenzione alle periferie del nostro tempo, sia geografiche che esistenziali, utilizzando tutti gli strumenti della comunicazione moderna. Un’esortazione che va oltre la semplice cronaca e si trasforma in una vera e propria sfida etica e professionale: raccontare la speranza senza compromessi, senza condizionamenti, con libertà e onestà intellettuale.
Durante l’evento, sono state presentate le esperienze giornalistiche di due testate palermitane: “Porta di Servizio”, diretta da Michelangelo Nasca, e “Mediterraneo 24”, diretta da Filippo Passantino. Impegnate a raccontare le storie di riscatto della città, sono riuscite con i loro servizi, a dare un’immagine di giornalismo di prossimità, attento alle storie di impegno civile.
Nel caso di “Porta di Servizio” – come ha raccontato nel suo intervento il giornalista Roberto Immesi – anche agli eventi che riguardano la Chiesa di Palermo, in un impegno che parte dalla professionalità dei giornalisti e delle giornaliste che vi collaborano, perché raccontare il bene non significa edulcorare la realtà, ma restituire una visione più completa della società, dando spazio a chi, ogni giorno, costruisce un futuro migliore, evidenziando come un’informazione costruttiva possa contribuire al cambiamento sociale.
Raccontare la città che parla non può non confrontarsi con le nuove tecnologie. I partecipanti all’evento hanno avuto anche l’opportunità di riflettere sui temi legati all’etica e al ruolo dell’intelligenza artificiale grazie agli interventi del professor Antonio Chella (Direttore del RoboticsLab del Dipartimento di Ingegneria dell’Università degli Studi di Palermo), della professoressa Arianna Pipitone (Ricercatrice di Robotica e IA per il Dipartimento di Scienze Umanistiche dell’Università degli Studi di Palermo e CNR) e del robot semi-umanoide “Pepper”.
Il dibattito su Intelligenza artificiale e realtà umane ha offerto uno spazio di riflessione sulle implicazioni etiche, sociali e culturali dell’integrazione della robotica nella società contemporanea, con un focus particolare sull’impatto della tecnologia nella comunicazione e nelle relazioni interpersonali.
Era presente all’incontro anche don Arturo Grasso, Direttore dell’Ufficio regionale per le Comunicazioni Sociali della Conferenza Episcopale Siciliana che nel suo intervento ha parlato del giornalismo come “luogo teologico”, chiamato a costruire un ecosistema digitale, un luogo dove abitare, mettendo in evidenza che non bisogna avere paura delle nuove tecnologie, ma abitarle, senza sottovalutare il rischio di un’ideologia dell’intelligenza artificiale che perda di vista la centralità dell’uomo. Ha evidenziato inoltre, l’importanza di saper rispettare le regole e l’etica deontologica del giornalismo per evitare forme di “inquinamento”, sia nella sostanza delle notizie che nella loro diffusione.
Ma come contrastare questo rischio? Secondo don Grasso la risposta sta nel “generare speranza”: un giornalismo etico e responsabile può contribuire a costruire fiducia, offrire punti di riferimento e promuovere un’informazione che sia al servizio della verità e del bene comune.
L’incontro ha rappresentato un momento significativo di riflessione e formazione per i professionisti dell’informazione, ribadendo il ruolo centrale dei media nel costruire una società più giusta e solidale. Un momento di grande crescita culturale e umana per approfondire il tema delle relazioni umane e di quelle artificiali.
E per concludere – come si fa con gli strumenti di lavoro, le macchine, le navi, per chiedere protezione e un uso etico di questi mezzi – il robot semi-umanoide “Pepper” è tornato a casa con la benedizione dell’Arcivescovo don Corrado, esplicitamente richiesta dal professor Chella; un gesto che riflette il crescente dialogo tra tecnologia e spiritualità e dove anche l’intelligenza artificiale può essere vista come un mezzo per aiutare l’uomo e la donna a compiere il bene.
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