L’oratorio del Santo Rosario annesso alla chiesa di Santa Cita (oggi San Mamiliano) in Palermo, rappresenta uno degli esempi più trionfanti dell’arte barocca siciliana. La semplice aula quadrangolare, come stravolta dall’irruzione del sacro, si presenta interamente decorata da pregevoli stucchi eseguiti dal noto artista palermitano Giacomo Serpotta che ivi lavorò dal 1687 al 1718.
La tematica sviluppata è quella dei misteri del santo Rosario della Vergine Maria rappresentati accuratamente all’interno di alcuni “teatrini”, cioè piccoli riquadri in altorilievo, il cui messaggio teologico è esplicitato da virtù e puttini con relativi attributi iconografici. A spiccare nella controfacciata dell’oratorio, tra i misteri gloriosi, è l’episodio della guerra di Lepanto avvenuta con lo scontro navale del 7 ottobre 1571 tra le truppe cristiane della Lega Santa e quelle musulmane dell’Impero Ottomano. Il trionfo della battaglia da parte dei cristiani fu da subito attribuito alla potente intercessione della Madre di Dio che pertanto capeggia la scena del Serpotta come prode in guerra ad eterno richiamo degli antichi splendori del santo Rosario il quale, per i confrati che si riunivano in quell’aula sacra, diveniva privilegiato strumento di meditazione e combattimento spirituale.
Degno di nota è il particolare scultoreo dell’allegoria degli esiti di guerra posto sotto la sopracitata raffigurazione. Da una parte, a sinistra, si trova il cristiano il quale, rasserenato dall’esito della battaglia, può guardare fiducioso l’orizzonte. A destra, invece, si trova raffigurato il musulmano che, reso riconoscibile dal turbante che gli è posto accanto, pone lo sguardo in basso, colto da sentimenti di sfiducia e turbamento palesati dalla sua espressione facciale. Ciò che colpisce, e che diventa un eterno monito alla meditazione, è il fatto che entrambi i giovani siano poveri.
La guerra infatti, è da sempre vissuta sulle spalle della povera gente, la quale tutto potrebbe immaginare fuorché perdere dignità, parenti, case e la propria terra in virtù di ideali considerati di maggior rilievo. È sull’animo degli uomini semplici che viene terribilmente solcata la sofferenza attraverso il duro aratro della guerra. Tale riflessione si rivela di un’attualità sconvolgente, la guerra infatti, è sempre uno strumento sproporzionato con cui reagire anche alla presenza di una giusta causa. Questo dipende sopratutto oggi dall’uso delle armi micidiali come la bomba atomica utilizzata negli anni Quaranta per cui nessun motivo religioso può ergersi ad apologia della guerra.
Il modello di Cristo, il quale inerme vince il male con il bene, non è da intendere come passivismo politico ma come esaltazione della più nobile attitudine umana di aderire all’amore. “Bellum est alienum a ratione”!
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Foto di Eduardo Guarneri