Non ci è possibile conoscere fino in fondo, o meglio intuire, il mistero della Trinità se concentriamo la nostra attenzione solo sulle singole persone divine (Padre, Figlio e Spirito Santo), separandole cioè dalla principale esperienza di “relazionalità” che, paradossalmente, le unisce in un unico Dio. Tra le altre cose, non possiamo “ancora” comprendere perfettamente il mistero di Dio Uno e Trino e i principali dogmi della fede cristiana (per esempio la concezione immacolata di Maria e la sua Verginità, l’incarnazione di Cristo ecc.) poiché ci viene a mancare quell’importantissimo elemento (una chiave di lettura, una dimensione, o meglio la conoscenza diretta di Dio) che svelerebbe definitivamente il vero volto del Creatore permettendoci di contemplarlo “faccia a faccia” “così come Egli è” e che attualmente è solo una promessa riportata dai Vangeli.
Facciamo un esempio. La nostra capacità visiva è tridimensionale, possiamo cioè guardare le cose attraverso tre dimensioni (larghezza, lunghezza, profondità), venendo a mancare una di queste dimensioni la visione delle cose per noi risulterebbe incompleta rispetto a quello che è la realtà dell’oggetto che stiamo osservando e dovremmo così – per compensarne l’assenza – chiedere aiuto alla nostra capacità di intuizione per cercare di immaginare quel pezzetto di realtà mancante.
Pertanto, tre persone (secondo le nostre conoscenze e privi di quella “dimensione” relativa alla conoscenza di Dio di cui parlavamo prima) per noi non saranno mai “uno”. Il concetto di persona riferito a Dio, infatti, è diverso da come lo immaginiamo noi rispetto alla nostra persona. A questo punto, mancando quella conoscenza definitiva di Dio (che chiamavamo prima “dimensione” o conoscenza diretta di Dio), per accostarci al mistero della Trinità dobbiamo lasciarci guidare esclusivamente dalla fede.
La nostra fede ci dice che Dio è essenzialmente “comunione”, “relazione”. Afferma un teologo: «Quando Gesù dice “io” intende suo Padre e viceversa, quando tutti e due dicono “io” intendono lo Spirito Santo». Dio – così ci insegna la dottrina cristiana – non è solitudine ma “Comunione di Persone”. Il rapporto che lega le tre Persone della Trinità è “circolare”. Nella Trinità, infatti, conosciamo la vera identità di Dio; Egli è una comunione di Persone e di intenti e alla base del loro rapporto c’è la capacità di reciproco ascolto, di eterno dialogo, di offerta e dono. Ma c’è ancora un di più che ci interessa da vicino. Quando nel momento della creazione Dio disse: “facciamo l’uomo a nostra immagine e somiglianza” (ed è interessante sottolineare l’uso del plurale!) intendeva rendere partecipe l’uomo della sua stessa identità. Gli uomini dovrebbero, per così dire, imparare da Dio Trinità come si fa a diventare comunione di persone, capaci di reciproco amore, ascolto ecc. Per tradurre ancora più semplicemente possiamo fare riferimento alla famiglia che il Concilio Vaticano II chiama “immagine della Trinità”, dove ogni membro del nucleo familiare è chiamato alla reciproca condivisione.
Giovanni Paolo II, durante il suo viaggio apostolico in Messico, a tal proposito disse: «Il nostro Dio nel suo mistero più intimo non è una solitudine, ma una famiglia, dal momento che ci sono in lui la paternità, la filiazione e l’essenza della famiglia che è l’amore. Quest’amore, nella famiglia divina, è lo Spirito Santo. Così, il tema della famiglia non è affatto estraneo all’essenza divina» (28 gennaio 1979).
Qualcuno però potrebbe obbiettare che le famiglie, oggi, non sono più così a causa di una sempre più crescente disgregazione. Questo, tuttavia, diventa un ulteriore invito a non smettere di cercare, nel volto umano della famiglia, il mistero dell’amore trinitario donato da Dio.
Foto: tuttoscuola.com
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