Aprire le porte a chi si sente lontano dalla Chiesa, scegliere nuovi stili di comunicazione, snellire strutture e burocrazie, dare attenzione a famiglie e giovani, prendersi cura di chi soffre, valorizzare maggiormente le donne con ruoli istituzionali (tra cui il diaconato), auspicando un clero più vicino ai giovani e in formazione permanente. Sono queste alcune delle proposte emerse dalla fase sapienziale del Sinodo nell’arcidiocesi di Palermo: dopo due anni di ascolto (fase narrativa), si è passati alle proposte più concrete prima di arrivare al terzo step, quello dedicato alla profezia.

Un cammino che riguarda la Chiesa universale, che a ottobre vivrà la sua seconda sessione in Vaticano prima dell’inizio del Giubileo del 2025, e in particolare quella italiana che sta conducendo un percorso parallelo e praticamente sovrapposto, sempre sul tema della sinodalità.

Palermo non fa eccezione: la relazione al termine della seconda fase, messa a punto dall’équipe guidata da don Giuseppe Vagnarelli, è stata letta ieri sera nella parrocchia di Santa Luisa de Marillac alla presenza dell’arcivescovo, monsignor Corrado Lorefice, e di quasi 150 tra presbiteri, diaconi, religiosi e semplici fedeli, con una netta prevalenza di questi ultimi. A offrire la propria testimonianza anche i frati minori cappuccini di Santa Maria della pace.

Una platea ridotta, rispetto a quella di novembre scorso, così come meno numerosa è stata la partecipazione alla seconda fase sinodale: se la prima aveva visto il coinvolgimento di oltre 10 mila persone in circa 900 gruppi, stavolta le consultazioni (svoltesi tra dicembre e marzo scorsi) hanno riguardato 2.500 uomini e donne, cioè un quarto, per 260 gruppi sinodali. Un calo che non deve però sorprendere, perché a una fisiologica stanchezza, dovuta anche all’esaurirsi dell’effetto “novità”, si è sommata una maggiore difficoltà nello scendere più nel dettaglio di proposte che dovevano essere concrete e realizzabili.

“Questa riconsegna è un invito alla fiducia – ha detto monsignor Lorefice – a non disperare di fronte a ciò che ci sembra fragile. La Chiesa sinodale non è sbilanciata sulla dimensione orizzontale ma è chiamata a credere in Colui che agisce nel silenzio ma in modo efficace, come il seme che diventa albero e riparo per ogni uccello del cielo. Non contiamoci, non cadiamo nella tentazione di Davide di fare un censimento, abbiate speranza, il cammino continua”.

L’équipe palermitana ha letto relazioni e contributi provenienti dai gruppi che, sulla base di alcune schede, hanno potuto lavorare su alcuni dei 10 sottotemi afferenti a cinque macro-aree (missione, linguaggio, formazione, corresponsabilità e strutture). Ne sono venuti fuori idee, proposte e suggerimenti di vario tipo: “Alcune proposte ci sono sembrate davvero profetiche, altre certamente meno – si legge nella sintesi finale –. Tuttavia non ci siamo arrogati il diritto di selezionare. Consegniamo alla nostra Chiesa diocesana e al cammino delle Chiese in Italia e della Chiesa intera questo frutto della preghiera e del discernimento dei cristiani di Palermo, convinti che nella fase profetica si potrà attingere da queste proposte, magari perfezionandole”.

Incontrare le famiglie, non escludere gay e divorziati

Ma cosa chiedono i cattolici di Palermo alla Chiesa? Anzitutto di ascoltare i poveri, le famiglie, i giovani, i migranti, gli anziani, coloro che si sentono “giudicati ed emarginati per le loro condizioni di vita” tra cui omosessuali, divorziati e coppie di fatto.

La relazione spera in sacerdoti più vicini ai giovani e più presenti nei luoghi in cui vivono ma chiede che anche la famiglia diventi interlocutore privilegiato: da qui l’idea di riprendere le benedizioni nelle case, le missioni popolari, i cenacoli della Parola, la preghiera negli ospedali, nei condomini, nelle carceri creando una “rete di Chiese domestiche” che sia luogo di ascolto e accoglienza.

Un’esigenza, quella della prossimità, che si potrebbe concretizzare in servizi al territorio come sportelli di ascolto, centri itineranti, laboratori multilinguistici.

Liturgia e comunicazione

Alcune proposte appaiono decisamente originali, come quella di una commissione diocesana per la “rilettura delle traduzioni dei testi biblici”, altre ricalcano vecchi cavalli di battaglia (il coinvolgimento dei laici nell’omelia, l’uso di paramenti meno “pomposi ed eccessivi” o di strumenti musicali più particolari), diverse sono invece decisamente più concrete. Nella seconda macroarea i gruppi chiedono che la Chiesa usi i “linguaggi maggiormente accattivanti” offerti dal teatro, dal cinema, da internet anche con il coinvolgimento di testimonial, creando “piccoli e brevi contenuti quotidiani” da diffondere sui social o sotto forma di fumetto per raggiungere più facilmente i giovani e i bambini.

Tra le idee quella di una maggiore attenzione, nell’ambito liturgico, alla dimensione dell’accoglienza dei singoli e delle famiglie, favorendo “un clima meno formale”. Ma le proposte sono tante, alcune più curiose di altre: processioni offertoriali coinvolgenti, vino da consacrare da conservare in caraffe ben visibili e non in piccole ampolle, un migliore uso di luci e monitor, spazi dedicati ai più piccoli, un canto liturgico più vivace con “strumenti musicali diversi dai consueti”.

Famiglie da accompagnare

La formazione, per laici e presbiteri, dovrebbe essere permanente e in continuo aggiornamento, specie in settori come la Caritas. Le famiglie vanno accompagnate in ogni fase del proprio percorso (evitando di “aspettarle il primo giorno di catechismo dei figli”) e gli itinerari di iniziazione cristiana devono coinvolgere i genitori dei bambini.

Il diaconato alle donne

La sintesi passa poi alla quarta macroarea: tra le proposte quella di valorizzare il diaconato, di istituire nuove figure come quella dell’animatore digitale, di istituire un ministero “del prendersi cura” per accompagnare chi vive un momento di difficoltà e sofferenza.

E ancora assemblee parrocchiali, consigli pastorali “pienamente operativi e non solo organi ratificatori di decisioni già prese”, attività interparrocchiali, presbiteri che vivano in case comuni per “confrontarsi e condividere vita e impegni ministeriali”.

Sono in tanti a chiedere “più cura per il riconoscimento del ruolo femminile – si legge nella sintesi – una dozzina di contributi ha chiaramente espresso la convinzione che sia necessario istituzionalizzare i ruoli delle donne nella Chiesa, più della metà ha espressamente proposto di conferire anche a loro il ministero del diaconato”.

La quinta macroarea annovera, tra le idee, quella di sgravare i parroci da compiti amministrativi e burocratici, di rendere pubblici i bilanci delle parrocchie, di fornire maggior supporto su materie contabili, di migliore la comunicazione “interna” alla diocesi.

 ASSEMBLEA SINODALE DIOCESANA, sintesi diocesana fase sapienziale 17 giugno 2024

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Di Roberto Immesi

Giornalista, collabora con Live Sicilia, è Revisore dei Conti dell’Ordine dei Giornalisti di Sicilia e Membro dell’Unione Cattolica Stampa Italiana (UCSI), sezione di Palermo.

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