In una fattoria viveva un gallo di nome Beccogiallo che cantava a squarciagola all’alba e al tramonto, non per incidere dischi o fare concerti, ma per accompagnare l’inizio e la fine delle attività del fattore e degli animali.

All’inizio della primavera era il tempo della semina. Il contadino, aiutato dai cavalli, tracciava dei solchi nel terreno con l’aratro per aiutare i semi a nascondersi in profondità facendoli riposare senza essere disturbati dai corvi affamati.

Al sopraggiungere dell’estate, quando il grano era maturo, il fattore si metteva al lavoro per raccoglierlo, prima che i passeri del cielo arrivassero a stormi per riempirsene la pancia.

Insomma, il lavoro non mancava né al fattore né agli animali della fattoria.

 Chi, invece, stava cominciando ad annoiarsi era proprio Beccogiallo.

In principio il suo lavoro gli era sembrato gradevole: una cantatina alla mattina, un po’ di tempo libero durante il giorno per andare a far una chiacchierata con le pollastrelle, un’altra cantatina alla sera e poi a nanna. Ma, dopo aver visto affaccendarsi la famiglia dei contadini con i loro animali da soma e da compagnia per innumerevoli albe, e prima di loro i genitori e i nonni ei contadini, e prima ancora i genitori dei genitori dei contadini fino a perdersene la memoria, Beccogiallo aveva cominciato ad annoiarsi. La sua occupazione non gli sembrava più così interessante e utile considerato che il Sole, l’astro luminoso, che si trovava nel cielo, sembrava avere gli stessi compiti suoi nella ben più grande fattoria del Firmamento. Il Sole, non possedendo un becco e un’ugola possenti come la sua, non poteva cantare però all’alba ed al tramonto tingeva di rosso il cielo al punto che nemmeno l’uccellino più distratto avrebbe potuto ignorare il suo risveglio.

A poco a poco Beccogiallo cominciò a chiedersi cosa ci entrasse lui con tutte le attività della fattoria. Anche senza il canto di un gallo il grano sarebbe comunque cresciuto e la mucca avrebbe certamente continuato a masticare pigramente il fieno della mangiatoia e a fornire il latte ai bambini del contadino. Chi si sarebbe accorto se lui fosse sparito per sempre?

Fu così che cominciò a sentirsi sempre più inutile.

Una sera in cui era particolarmente triste, Beccogiallo decise di andarsene dalla fattoria. “Mi troverò un nuovo lavoro da un’altra parte” pensò, mentre raccoglieva i suoi pochi averi in un piccolo fagotto, “un lavoro che sia un po’ più importante di quello che faccio qui”.

Prima del sorgere del Sole, mentre fuori era ancora buio, Beccogiallo uscì circospetto dalla casetta di legno. Aprì la porticina del recinto e si incamminò per i campi appena falciati.

Il ruscello scorreva limpido e fresco al confine con i terreni della fattoria. Dopo essersi abbeverato, con un gran balzo lo attraversò. La decisione era presa: avrebbe proseguito seguendo la Stella Polare fino all’alba, si sarebbe riposato al riparo di qualche siepe e poi avrebbe ripreso il cammino la notte successiva. Molte ore dopo, con le zampe che gli dolevano, Beccogiallo si fermò per riposare. Fu allora che si rese conto che qualcosa non stava andando per il verso giusto. Le stelle continuavano a brillare alte nel cielo. La Stella Polare si trovava sempre davanti a lui anche se sembrava che il Grande Carro le fosse ruotato attorno un po’ più lentamente rispetto al solito. I grilli continuavano a frinire rompendo il silenzio della notte…

Ecco cosa non andava! La notte… Ma perché questa notte sembrava non avere mai fine? Come era possibile che il Sole non fosse ancora sorto?  Per un attimo fu preso dall’angoscia… Senza il Sole, come avrebbe fatto il contadino a far crescere le sue messi? Chi avrebbe svegliato gli animali della fattoria?

Poi, lentamente, un’idea cominciò a farsi strada nella sua testa. Si voltò e cominciò a tornare in dietro sui suoi passi. La strada sembrava essersi fatta tutta in salita, tanta era la stanchezza già accumulata. “Che ingenuo sono stato!” pensava, mentre le zampe si muovevano ormai senza che lui glielo ordinasse, “Ma come ho fatto a non pensarci prima?!?! Se io non canto, il Sole non può sorgere! Io sono necessario al Sole e a tutti gli altri animali della fattoria… E anche al fattore!!! Persino al cavallo che, per carità, bello è bello, ma senza di me, non avrebbe alcuna idea di quando cominciare a prepararsi!”

Finalmente ecco il ruscello, poi i campi del contadino, ed infine, in lontananza, il tetto della fattoria. A parte i consueti rumori della notte, tutto era invariato. Solo Beccogiallo sembrava essersi accorto di quello che stava accadendo. Appena raggiunse l’aia, appoggiò a terra il fagotto con i suoi quattro stracci, salì sul palo più alto della staccionata, si schiarì l’ugola e lanciò un lunghissimo “chicchirichiiii…!”

Ripeté il canto parecchie volte, finché, guardando ad est, si accorse che il cielo piano piano da nero diventava blu scuro, poi verde ed infine cominciavano ad apparire i primi bagliori rossi. Il Sole stava preannunciando il suo ingresso nel mondo! Fu un’alba meravigliosa. Sembrava che anche il Sole l’avesse attesa a lungo quel giorno.

La vita così riprese il suo corso abituale. Il contadino si svegliò ed andò a preparare la colazione. La mucca cominciò a muggire nella stalla per chiamare chi la doveva mungere.

Beccogiallo, soddisfatto, raccolse da terra le sue cose e si diresse nella stia. Era stanco ed aveva una gran voglia di farsi una bella dormita.

La storia finisce qui! Non serve raccontare molto altro di quello che avvenne in seguito, e, se questa mattina, quando vi siete alzati, avete visto il Sole cominciare a percorrere il suo itinerario quotidiano, significa che anche oggi Beccogiallo ha svolto il suo lavoro, come al solito.

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Di Luigi e Sole

Luigi Larocchi e Sole Spatola, un geologo e un’insegnante di lettere. Per la verità era insegnante anche Luigi, di matematica, ma, per non traumatizzare troppo i nostri ragazzi con due insegnanti in famiglia, Luigi ha cambiato lavoro. Siamo sposati e abbiamo tre figli che, dopo essere cresciuti, cresciuti, cresciuti come la pianta di fagioli di Jack, ora sono diventati tre Watussi di quasi due metri. Per loro, quando erano piccoli e gli rimboccavamo le coperte, scrivevamo dei racconti; un po’ per gioco, un po’ perché ci piaceva. Ora che loro hanno cominciato a vivere la loro personale avventura, nei pochi ritagli di tempo libero che ci restano dai rispettivi lavori, corsi di laurea, scout, direzione di coro ecc … continuiamo a scrivere sempre per gioco, sempre per divertimento.