Rompere gli schemi, vincere le paure, lanciarsi in una nuova evangelizzazione che mostri un nuovo volto delle parrocchie, chiamate a essere non distributori di sacramenti ma luoghi di fraternità. Ha preso il via ieri pomeriggio, con la prima giornata, l’assemblea pastorale dell’arcidiocesi di Palermo al Teatro Savio di via Di Blasi.

Un’esigenza, quella di un cambiamento, che l’arcivescovo, monsignor Corrado Lorefice, ha ribadito con forza: “Se qualche anno fa venivano in dieci a chiedere la prima comunione o la cresima, oggi sono tre e tra qualche anno non ci saranno neanche questi”, ha tuonato il presule aprendo i lavori dell’assemblea intitolata “Il coraggio di cominciare, la bellezza di esserci e la speranza di crescere” – Pellegrini di speranza nel rinnovamento dell’iniziazione cristiana dei fanciulli e dei ragazzi.

Un appuntamento che quest’anno, complice il nuovo progetto catechistico diocesano, ha attirato molti più partecipanti di quanti evidentemente la Curia si aspettasse: oltre 200 persone tra presbiteri, diaconi, religiosi e laici che hanno saturato la sala su entrambi i livelli. Tanta la gente rimasta in piedi nonostante il caldo asfissiante, molti hanno preferito rinunciare e mai come in questa occasione sarebbe servita una diretta web. Ecco perché la seconda giornata si terrà invece nella parrocchia di santa Caterina da Siena, a Borgo Ulivia.

Lorefice: “Dio è con noi”

“Il Signore ci chiede di osare, anche sulla barca in balìa delle onde il Signore è con noi”, ha detto l’arcivescovo chiedendo di pensare ai giovani sempre più lontani dalla Chiesa e dalle parrocchie.

“Dio guida la sua Chiesa, la Chiesa di Palermo, ed è con noi – ha continuato Lorefice -. Il progetto catechistico diocesano è frutto prezioso, pur sempre perfettibile ma prezioso, di questo comune e lungo impegno portato avanti dalle comunità parrocchiali, dagli organismi diocesani, dagli uffici pastorali sin dal 2019”.

“Sprono e incoraggio la nostra Chiesa palermitana, non possiamo limitarci a essere tristi seppellitori del passato – ha ammonito Lorefice – All’interno dell’azione evangelizzatrice della Chiesa, ci è chiesto di osare un nuovo inizio di condivisione della fede. La Chiesa non è un supermercato in cui ognuno individualmente soddisfa il proprio bisogno cultuale”.

“I tempi sono cambiati”

“I tempi sono cambiati – ha proseguito Lorefice – e non possiamo pensare alle nostre realtà come a distributori di sacramenti: devono essere luoghi in cui vivere relazioni umane e redente, introdurre alla fede, ascoltare la bella notizia. Noi non prepariamo ai sacramenti, non mettiamo francobolli, non abbiamo classi o alunni”. Un monito forte, quello dell’arcivescovo, rivolto a una platea piena di parroci e operatori pastorali a cui toccherà attuare il nuovo progetto.

Un progetto che coinvolgerà soprattutto le famiglie, chiamate a condividere il percorso dei propri figli, ma in generale le comunità, ministri ordinati, istituiti e di fatto. “I sacramenti ci fanno membri del popolo di Dio, della famiglia dei discepoli di Gesù, il vostro pastore vi chiede comunione pastorale: non uniformità ma co-ispirazione tra fedeli e pastori”.

Non è un mistero che la proposta catechistica abbia provocato malumori e mugugni, anche tra i parroci, e Lorefice pare saperlo bene quando parla della missione di ogni vescovo che è “chiamato al martirio”. Un discorso accalorato, salutato al termine con un fragoroso applauso.

Il progetto catechistico

Poi è stata la volta di un’analisi del progetto catechistico, a cura del direttore dell’ufficio diocesano. “Perché cambiare? Un detto siciliano dice che è meglio affidarsi a ciò che conosciamo, pur con difetti, che a quello che non conosciamo e potrebbe rivelarsi peggiore – ha esordito con una battuta don Angelo Tomasello -. Nel questionario sottoposto alcuni anni fa alle parrocchie, in tanti chiedevano un cambiamento ma adesso che lo abbiamo proviamo paura, non dobbiamo però farci scoraggiare dai tempi lunghi”.

“Finora l’iniziazione cristiana nelle nostre parrocchie è stata molto eterogenea – ha continuato – Chi faceva un anno, chi due o chi tre di catechismo, chi usava i catechismi Cei e chi anche i vari sussidi di alcune case editrici, chi celebrava insieme la Confermazione e la prima comunione e chi no. Il progetto che presentiamo vuole ricondurre all’unicità che non significa omologare, essere tutti uguali ma avere linee comuni”.

Una società che cambia

Uno sforzo, quello delle parrocchie, che in passato non sempre ha dato i frutti sperati: in tanti, tantissimi, ricevuti i sacramenti abbandonano la Chiesa.  “Oggi la nostra società non è più naturalmente cristiana come un secolo fa – ha proseguito –. Non è più il tempo della quantità ma della qualità, è il tempo in cui gli adulti devono riscoprire di essere i primi educatori nella fede dei bambini”.

Un progetto definito non solo catechistico ma pastorale, in cui la catechesi non si limiti a essere un aspetto delle comunità ma il centro della vita dell’intera diocesi. Una catechesi ispirata all’itinerario catecumenale, modello di ogni percorso da proporre ai bambini, ai ragazzi e agli adulti. 

“Dobbiamo essere orgogliosi di un progetto fatto in modo sinodale quando ancora non si parlava del Sinodo – ha precisato don Angelo – oggetto di un lungo percorso di partecipazione a ogni livello, iniziato nel 2014 e di cui dal 2016 si è parlato largamente. Un documento denso e sintetico che va accolto da tutti gli attori dell’iniziazione cristiana”.

Quattro o cinque anni?

Don Angelo ha poi invitato a leggere approfonditamente il progetto, spiegando che comunione e cresima si riceveranno dopo quattro anni e non dopo cinque, provando a chiarire le informazioni un po’ confuse circolate in queste settimane che, è bene dirlo (nonostante quanto detto al termine della giornata di ieri), non possono essere addebitate a giornali e giornalisti che si limitano a fare il proprio lavoro sulla base del materiale e delle informazioni a disposizione.

Il quinto anno sarà dedicato alla mistagogia e, leggendo il progetto, non pare essere facoltativo ma parte integrante del percorso che quindi è effettivamente di cinque anni, come peraltro si legge nello stesso progetto a pagina 16. Quindi, se è vero che i sacramenti si riceveranno dopo quattro anni, è altrettanto vero che il percorso sarà comunque di cinque perché, in quanto di ispirazione catecumenale, non può fare a meno della mistagogia. L’arcidiocesi invita però a non focalizzarsi tanto sugli anni quanto sulle tappe, visto che in base alle situazioni particolari gli anni potrebbero variare.

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Di Roberto Immesi

Giornalista, collabora con Live Sicilia, è Revisore dei Conti dell’Ordine dei Giornalisti di Sicilia e Membro dell’Unione Cattolica Stampa Italiana (UCSI), sezione di Palermo.