Per il terzo anno consecutivo, il regime di Daniel Ortega e Rosario Murillo ha imposto severe restrizioni alle celebrazioni della Settimana Santa in Nicaragua, confinandole all’interno delle chiese. Questo divieto colpisce tradizionali manifestazioni di fede come la Via Crucis, gli atti penitenziali, la processione del silenzio, la visita degli altari del Giovedì Santo, la Sepoltura del Venerdì Santo e la processione della domenica di Pasqua.

Vietato anche citare il nome di monsignor Rolando Álvarez (attualmente in esilio), condannato a 26 anni di carcere per “tradimento alla patria”, con l’ignobile accusa di cospirazione e diffusione di notizie false.

La repressione – si legge attraverso l’agenzia di stampa Infobae – si è intensificata, con un monitoraggio costante delle chiese da parte della polizia, sia in uniforme che in borghese, per filmare e fotografare le attività religiose. I sacerdoti hanno ricevuto avvertimenti diretti, con minacce di arresto in caso di partecipazione alle processioni.
Questa stretta repressiva, iniziata nel 2022, include anche restrizioni alla predicazione, con divieti di riferimenti a temi come diritti umani, democrazia e libertà.

Secondo monsignor José Antonio Canales Motiño, vescovo della diocesi honduregna di Danlí, il regime vede la Chiesa cattolica come un nemico, temendo che le manifestazioni di fede possano fomentare rivolte popolari. «Per loro (Ortega e Murillo), la manifestazione popolare delle processioni, le immense folle di cattolici, sono uno schiaffo in faccia che non vogliono vedere», afferma il vescovo di Danlí, precisando che un altro scopo del divieto di Ortega è quello di «reprimere, punire e vessare il loro più grande nemico, la Chiesa cattolica».

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Di Michelangelo Nasca

Direttore Responsabile, giornalista vaticanista, docente di Teologia Dogmatica. È presidente dell’emittente radiofonica dell’Arcidiocesi di Palermo, “Radio Spazio Noi”, e dell’Unione Cattolica Stampa Italiana (UCSI), sezione di Palermo.