Fortunata Evolo, da noi conosciuta come “Mamma Natuzza”, diminutivo di Fortunata nome molto diffuso in Calabria, nasce a Paravati, una frazione del comune di Mileto, nella provincia di Vibo Valentia, il 23 agosto del 1924. Non poté ricevere nessun tipo di formazione: né religiosa, né scolastica, era infatti analfabeta, come sottolineato più volte da lei stessa durante le numerosissime interviste e racconti esperienziali. Natuzza si definiva un “verme di terra”, una donna che contava poco, niente, che non si è mai arricchita. Nel corso della sua vita è stata anche accusata di essere isterica da Padre Agostino Gemelli, illustre fondatore dell’Università Cattolica Sacro Cuore di Milano, diceva: “Siamo davanti ad un volgarissimo caso di isterismo, niente di più!” e spinse l’allora Vescovo, Paolo Albera, a rinchiuderla in un manicomio dove rimase diversi mesi. Secondo il loro parere era necessario allontanarla perché cadesse il silenzio sui fenomeni straordinari che si manifestavano attraverso Natuzza la quale all’epoca aveva solo diciassette anni. Fenomeni che cominciarono a manifestarsi già all’età di cinque, sei anni attraverso visioni ed eventi inspiegabili. Racconterà anni dopo, la stessa Natuzza, che non aveva assolutamente capito che il bellissimo bambino che giocava con lei e i suoi piccoli fratellini fosse Gesù e che la bella ragazza che lo accompagnava fosse sua Madre. Natuzza sposerà Pasquale Nicolace, un semplice falegname, con il quale avrà cinque figli.
Il giorno della sua prima comunione fu un’esperienza molto particolare “la prima vera e propria manifestazione straordinaria. Quando riceve il Sacramento dell’Eucarestia la bocca le si riempie di sangue, che lei ingoiò e pensò di aver ingoiato il “Corpo di Cristo”. Ebbe paura e, senza dire niente al suo parroco, corse a casa dispiaciuta e pentita credendo di aver commesso chissà quale grande peccato. È il primo segno di quelle sofferenze mistiche che cominceranno a manifestarsi di lì a poco sul suo corpo” (Gelsomino Del Guercio, Aleteia, 15/04/2019).
Erano intensi e frequenti i fenomeni straordinari come la visione dei defunti, la bilocazione e i dialoghi con l’Angelo Custode al punto che mamma Natuzza comunica “messaggi” inauditi e impossibili per un’analfabeta. Capì chiaramente la missione che Gesù le affidava: portare a Lui le anime. Amare e compatire. Amare e soffrire. Tutto per la salvezza delle anime.
Migliaia di persone l’hanno raggiunta in pellegrinaggio per chiedere grazie, guarigioni, se poteva dare loro conferma o meno della salvezza dei loro cari, numerosissime le testimonianze raccolte anche da questo dono che mamma Natuzza aveva ricevuto dal Cielo: ricevere visita dai defunti i quali lasciavano un messaggio per i loro cari o, ancora più spesso, chiedevano preghiere di suffragio. Mamma Natuzza a quanti la cercavano e si recavano da lei, persone diversissime tra loro, dava sempre accoglienza, ascolto vero, consigli e consolazione, era proprio come una mamma e come tale si addossava il dolore degli altri e lo trasformava in messaggi di speranza e fiducia in Dio. Non si stancava di ripetere di non soffermarsi sulla sua persona ma di andare oltre, di alzare lo sguardo verso il Cielo. Sapeva parlare con tutti, con ciascuno la propria lingua, in italiano perfetto con gli intellettuali, il dialetto con chi poteva capirla, in lingua straniera con chi proveniva da altri Paesi, e diceva, “l’angelo mi dice cosa devo ripetere e lo faccio”.
Ancora fiumi di parole potrebbero riempire queste pagine perché la vita di mamma Natuzza è davvero piena e ricca di aneddoti, fenomeni straordinari, come la passione di Cristo e il dono delle stimmate che ogni Quaresima si manifestavano e con particolare intensità il Venerdì Santo di ogni anno per molti anni, e tanti altri eventi; ma tutto e ogni cosa è conseguenza dell’amore grande, intenso e immenso che ha vissuto per Gesù e Maria.
La vita di Natuzza Evolo è stata risposta alla vocazione straordinaria che Dio le ha affidato, alla quale lei ha risposto con generosità e perseveranza, tutto nell’ordinarietà; ad una donna, mamma che le chiese un consiglio su come non scoraggiarsi nel suo ruolo educativo, rispose che sono necessarie tre cose: “forza, pazienza e amore”! Possiamo fare tesoro di queste tre virtù guardando sempre oltre i segni per incontrare il Volto vero di Cristo Redentore. Natuzza Evolo muore a Paravati di Mileto nel giorno della Solennità di Ognissanti del 2009 e a distanza di dieci anni la Chiesa concede l’apertura del processo di beatificazione. Ancora oggi la tomba di Natuzza è meta di pellegrinaggio. Segno che le sue parole si realizzano quotidianamente: “Quando sarò dall’altra parte farò più rumore”.